“I vampiri? Colpa di un virus”

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Uno spicchio d’aglio, un crocifisso e un piolo di legno da conficcare nel cuore: così, secondo la tradizione, si sconfiggono i vampiri, creature notturne che albergano nelle tenebrose regioni della Transilvania. Pura leggenda? Secondo uno studio pubblicato sull’ultimo numero di “Neurology”, al fondo delle storie che hanno ispirato la letteratura sul conte Dracula potrebbero esserci fatti realmente accaduti. L’articolo avanza l’ipotesi che alla base del mito degli esseri assetati di sangue ci sia un’epidemia di rabbia scoppiata nell’Europa orientale intorno al 1720. L’idea è venuta a Juan Gomez-Alonso, neurologo all’ospedale Xeral a Virgo in Spagna, dopo aver visto un film sui vampiri nel 1981. “Non avevo mai visto una pellicola del genere, e sono rimasto impressionato dalle similitudini con i casi che avevo studiato”, afferma lo scienziato.

I sintomi della rabbia

Alla base delle ipotesi del neurologo vi è dunque l’osservazione dei sintomi caratteristici dei malati di rabbia: ipersensibilità agli stimoli violenti, quindi repulsione per la luce e per gli oggetti riflettenti come gli specchi, e per gli odori particolarmente forti, come quello dell’aglio. Di più. Poiché il virus della rabbia attacca il sistema limbico, la regione cerebrale che controlla l’aggressività e il comportamento sessuale, coloro che ne sono affetti possono avere un atteggiamento violento (magari tentando di mordere qualcuno), e mostrare una iperattività sessuale. Un altro sintomo della malattia è l’insonnia: il virus, infatti, colpisce anche l’ipotalamo, l’area del cervello che controlla il sonno. Infine, chi è affetto da rabbia vomita sangue, è idrofobico – e quindi non riesce a deglutire la saliva – ed è colpito da spasmi facciali. Non stupisce quindi che qualcuno abbia voluto associare ai sintomi della malattia l’idea di un essere malvagio e assetato di sangue, dai lineamenti stravolti da un ghigno malefico, e che teme la luce del giorno.

Diagnosi tradiva e difficile

La diagnosi di questa malattia non è semplice: i sintomi non appaiono prima di due settimane dall’infezione, quando ormai le tracce del morso di un animale infetto, che in genere trasmette il virus, non sono più visibili. Una volta che i sintomi si sono manifestati il trattamento antirabbia è inefficace e la malattia è il più delle volte fatale. “Questo problema è ancora attuale”, spiega Gomez-Alonso citando il caso, da lui studiato, di un uomo classificato come “lunatico”. Solo dopo l’autopsia è risultato chiaro che si trattava di rabbia. “Queste diagnosi mancate erano probabilmente molto comuni nel XVII secolo”, afferma il ricercatore spagnolo.Un altro elemento che rafforza la tesi del neurologo spagnolo è la coincidenza storica fra il fenomeno del vampirismo e l’epidemia di rabbia verificatasi fra il 1721 e il 1728 in Ungheria.

I primi avvistamenti di vampiri: casi di rabbia?

Ricercando negli archivi del’Est europeo di quegli anni, Gomez-Alonso ha scoperto che proprio ad allora risalgono i primi avvistamenti di vampiri. Si narra di persone che, sebbene morte da parecchi anni, sembravano resuscitare, parlare, camminare e infestare i villaggi succhiando il sangue di malcapitati e provocandone la morte. Altri racconti parlano invece di cadaveri da cui continuava a sgorgare sangue anche parecchi giorni dopo la morte. Un particolare, questo, che sembra coincidere anch’esso con i sintomi della rabbia: quando infatti il decesso del paziente è provocato da collasso o asfissia, eventualità per altro comune nei malati di rabbia, il sangue si coagula con difficoltà.

I non morti: cadaveri saponificati

A questo va aggiunto l’alto tasso di umidità del terreno di alcune regioni dell’Ungheria, che secondo il neurologo spagnolo avrebbe in molti casi ritardato la decomposizione dei corpi. “L’aspetto particolare delle salme fa pensare che possa essere avvenuto un processo di saponificazione caratteristico delle sepolture in terreni umidi, che trasforma i tessuti sottocutanei in una sostanza simile alla cera”, continua Gomez-Alonso.

Leggenda con un fondamento di realtà

Così come il vampirismo, la rabbia è più comune negli uomini che nelle donne. Inoltre non solo le persone, ma anche i cani, i lupi e i pipistrelli, tutti animali tradizionalmente legati alle storie di vampiri, possono contrarre la rabbia. “Ci sono molte prove che la rabbia abbia giocato un ruolo chiave nella nascita delle leggende sui vampiri”, conclude il neurologo spagnolo. “D’altra parte, gli antropologi sanno che molte leggende popolari nascono da fatti realmente accaduti. Sotto questo aspetto, dire che i vampiri sono un parto di fantasia, è in qualche modo falso”.

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