“In una dimensione un Punto in movimento non generava una linea con due punti terminali? In tre Dimensioni, un Quadrato non generava e questo mio occhio non l’ha forse contemplato quell’essere benedetto, un Cubo, con otto Punti terminali? E in Quattro Dimensioni, un cubo in movimento non darà origine ahimé per l’Analogia e ahimé per il Progresso della verità se così non fosse non darà origine, dicevo, il movimento di un cubo divino, a un organismo più divino con sedici Punti terminali?
E perciò non ne segue, necessariamente, che il rampollo più divino del divino Cubo nella terra delle Quattro Dimensioni dovrà essere delimitato da otto cubi: e non è anche questo, come il mio Signore mi ha insegnato a credere, in stretto accordo con l’Analogia?”
Questo dialogo è tratto dal racconto Flatlandia, pubblicato nel 1884, scritto da un teologo ed insegnante di matematica, l’inglese Edwin Abbott Abbott (1). Chi parla è il protagonista della storia, il Quadrato, l’interlocutore è la Divina Sfera a tre dimensioni che è scesa nel paese del Quadrato, Flatlandia, il mondo piatto a due sole dimensioni, per fargli scoprire lo spazio a tre dimensioni. Il Quadrato si entusiasma così tanto alla scoperta da arrivare a pensare non solo allo spazio a tre dimensioni ma a quello a quattro, a pensare cioè al Divino Cubo in Quattro Dimensioni.
Abbott era interessato al dibattito in atto tra i matematici del suo tempo sull’esistenza di un solo Spazio, e quindi di una sola Geometria dello Spazio (come per tanti secoli era stata la geometria Euclidea), o invece di tanti spazi e di tante geometrie da scegliersi a seconda dei problemi da trattare. Nel libro di Abbott, pieno di illustrazioni dell’autore, non compare alcun disegno di oggetti geometrici a quattro dimensioni, disegni già comparsi in diversi articoli scientifici dell’epoca. Restava quindi un sogno quello del Quadrato di vedere gli oggetti geometrici a quattro dimensioni.
Cartoni animati matematici
Alla fine degli anni sessanta un esperto di computer, Michael Noll, elabora un programma per animare un ipercubo. Si trattava di utilizzare la tecnica delle diverse possibili proiezioni di un cubo a quattro dimensioni nello spazio a tre dimensioni, e di stampare in sequenza le diverse immagini. La tecnica dei cartoni animati. Eravamo molto vicino alla realizzazione del sogno. L’idea viene ripresa qualche anno dopo da Thomas Banchoff e Charles Strauss alla Brown University a Providence, negli Stati Uniti. Vengono realizzati i primi film di superfici geometriche in evoluzione nello spazio utilizzando la tecnica dell’animazione computerizzata. In particolare nel 1976 il film Hypercube: projecting and slicing realizza il primo dei sogni del Quadrato. Nel film si ha una sequenza continua delle diverse proiezioni dell’ipercubo. E’ possibile cioè vedere l’ipercubo muoversi nello spazio. Se dell’oggetto geometrico ipercubo molto si conosceva, la possibilità di avere sullo schermo di un computer l’oggetto in movimento, permetteva per la prima volta di investigarne le proprietà sperimentando in modo non dissimile dalle altre scienze. Un potente mezzo di investigazione capace inoltre di fornire immagini molto suggestive. Qualche anno dopo sempre Thomas Banchoff con altri colleghi della Brown University realizzano il secondo sogno del Quadrato: vedere muoversi nello spazio la Divina Sfera a Quattro Dimensioni nel film Hypersphere (2).
Dopo i primi tentativi degli anni settanta vi è stato un notevole incremento dell’uso della computer graphics in matematica; il che ha comportato lo sviluppo di un settore specifico della matematica che possiamo chiamare Visual Mathematics (3). Non si tratta soltanto, come si potrebbe pensare, di rendere visibili, di visualizzare cioè, fenomeni ben noti tramite gli strumenti grafici ma piuttosto di utilizzare strumenti visivi per riuscire a farsi un’idea di problemi ancora aperti nella ricerca matematica. Il computer come un vero e proprio strumento per sperimentare e formulare congetture.
Fidarsi del computer?
Negli ultimi anni sono avvenuti molti cambiamenti nel settore della visualizzazione matematica. Nel maggio 1988 si tenne un convegno presso il Mathematical Sciences Research Institute (MSRI) dell’Università di California a Berkeley. Tema della conferenza erano la Geometria Differenziale, il Calcolo delle Variazioni e la Computer Graphics. Vi partecipavano geometri e matematici applicati, insieme con esperti dei diversi settori della computer graphics. Gran parte delle conferenze erano dedicate alle immagini, con particolare riguardo a quelle ottenute con tecniche di computer graphics animation, tecniche che hanno reso possibile ottenere alcuni nuovi risultati in matematica.
I matematici partecipanti al convegno erano in grado di fornire una prova formale dell’esistenza, dal punto di vista matematico, di alcune, ma non di tutte, le immagini che venivano mostrate (4).
L’anno precedente era stato avviato il Geometry Supercomputer Project presso l’Università del Minnesota a Minneapolis. Le prime immagini ottenute dai ricercatori coinvolti nel progetto vennero mostrate al convegno del MSRI. E’ interessante notare che i matematici che non erano in condizioni di mostrare né diapositive né videocassette né software si scusavano con i partecipanti promettendo di essere in grado di produrre immagini per il convegno successivo.
Il computer è diventato uno strumento che permette esperimenti matematici che aprono prospettive del tutto nuove. Uno dei capitoli del volume di P.J. Davis e R. Hersh The Mathematical Experience (5) era intitolato: “Perché mi devo fidare del computer?” Davis e Hersh mettevano in evidenza che: “nella matematica applicata, il computer serve per calcolare una risposta approssimata, quando la teoria non è in grado di darne una esatta…Ma in nessun modo la teoria viene a dipendere dal computer per le sue conclusioni; al contrario, i due metodi, teorico e algoritmico, sono come due punti di vista indipendenti dello stesso oggetto; il problema è di coordinarli…La matematica rigorosa della dimostrazione resta inalterata…Nella dimostrazione del teorema dei quattro colori da parte di Haken e Appel la situazione è completamente differente. Essi presentano il loro lavoro come definitivo, completo, come una dimostrazione rigorosa. Una parte essenziale della dimostrazione consisteva in calcoli con il computer. Cioè a dire, la dimostrazione pubblicata conteneva programmi per il computer nonché i risultati numerici così ottenuti utilizzando i programmi. I passi intermedi dell’esecuzione dei programmi non erano pubblicati. In questo senso le dimostrazioni pubblicate erano teoricamente e definitivamente incomplete”.
David e Hersh avevano in mente i calcolatori superveloci dell’epoca e la possibilità di eseguire migliaia di calcoli in un tempo breve. Thomas Banchoff e Charles Strauss ebbero l’idea di utilizzare la computer graphics animation per investigare visivamente le proprietà geometriche e topologiche di superfici tri e quadridimensionali. Questo uso dei computer in matematica era nuovo. Diventava possibile costruire una superficie su di un terminale video e quindi muoverla e trasformarla per studiarne meglio le proprietà. Oltre che agire come aiuto all’intuizione, i computer diventavano strumenti essenziali per la costruzioni di modelli. La grande potenzialità della computer graphics come mezzo nuovo di investigazione venne riconosciuto dai matematici subito dopo che le nuove tecnologie divennero disponibili. Man mano che strumenti e programmi informatici si facevano più sofisticati, di pari passo aumentavano la profondità e la rilevanza delle applicazioni della computer graphics ai problemi matematici.
Matematica sperimentale
Un risultato importante del convegno di Berkeley fu la pubblicazione nell’estate 1992 di una nuova rivista scientifica dal titolo molto significativo Experimental Mathematics. Alcuni dei membri del comitato editoriale erano tra i partecipanti del Geometry Project; le stesse persone erano tra gli organizzatori del convegno a Berkeley. Anche se è chiaro che la definizione di matematica sperimentale include non solo l’uso di tecniche informatiche ma anche il sistema tradizionale di ottenere risultati matematici con carta e penna, non vi è dubbio che la motivazione della nascita della nuova rivista è dovuta alla modifica del modo di lavorare di un numero significativo di matematici riconducibile all’utilizzo delle tecnologie legate alla computer graphics. Nell’ottobre 1992 si è tenuto sempre al MSRI di Berkeley un secondo convegno. Il tema era “La Visualizzazione di Strutture Geometriche”. Mentre solo il 30% dei matematici che avevano presentato una relazione al convegno del 1988 avevano mostrato immagini, non è apparso per nulla sorprendente il fatto che nessuno di coloro che hanno parlato al convegno del 1992 (con l’eccezione del direttore del MSRI, William P. Thurston) abbia utilizzato solo gesso e lavagna. In tutte le conferenze veniva usata una workstation che permetteva di mostrare in tempo reale i risultati grafici ottenuti nello studio di determinati problemi geometrici.
Naturalmente non era possibile fornire una dimostrazione analitica di tutte le soluzioni grafiche ottenute. Il ricorso alle nuove tecniche visive e alle simulazione sta modificando il mestiere di matematico, tanto che sulla rivista Scientific American è apparso un articolo intitolato “The Death of Proof”. Scrive l’autore dell’articolo (6): “Il calcolatore sta costringendo i matematici a riconsiderare la natura stessa della dimostrazione, e quindi della verità. Per ottenere certe dimostrazioni negli ultimi anni si sono dovute eseguire masse enormi di calcoli, sicché nessun essere umano può verificare queste cosiddette dimostrazioni al calcolatore; solo altri calcolatori sono in grado di farlo. Di recente alcuni ricercatori hanno proposto una dimostrazione al calcolatore che fornisce solo la probabilità, e non la certezza della verità, il che per alcuni matematici è una vera e propria incongruenza. Altri ancora stanno preparando “dimostrazioni video” nella speranza che siano più convincenti di pagine e pagine di formule”. Va immediatamente precisato che l’autore dell’articolo stava pensando ad alcuni determinati problemi matematici e ad alcuni settori in cui le “video dimostrazioni” potevano essere utili.
Nella stessa pagina è riportata l’opinione di Andrew J. Wiles che è divenuto famoso come colui che ha dimostrato l’Ultimo Teorema di Fermat (per tutti i valori di n > 2 , l’equazione xn + yn = zn non ammette soluzioni intere), il quale afferma di non credere che si darà la pena di imparare a fare ricerca con il calcolatore: “è un’abilità a parte e se si investe tanto tempo in un’abilità a parte, è probabile che ci si lasci sviare dal vero lavoro sul problema”.
In ogni caso è indubbio che in questi ultimi anni il calcolatore grafico ha consentito di dimostrare risultati per nulla banali in matematica; consentito nel senso che, utilizzando le capacità grafiche di un computer, i matematici sono riusciti a comprendere in che modo fosse possibile trovare una dimostrazione analitica delle proprietà della “figura” che si poteva vedere solo su di uno schermo.
Nell’articolo di Scientific American sono citati tra gli altri Jean Taylor, della Rutgers University e del Geometry Center di Minneapolis, molto nota per aver dimostrato nel 1976 la validità delle leggi di Plateau per la geometria della bolle di sapone, e David Hoffman dell’Università del Massachussets ad Amherst. David Hoffman con William Meeks III, utilizzando le equazioni trovate da un matematico brasiliano, Costa, è stato in grado di dimostrare l’esistenza di una classe di superfici minime di tipo topologico comunque elevato, superfici minime con buchi, non ottenibili quindi con le lamine saponate.
Il metodo da loro usato consiste nello studiare visivamente, sul terminale video di un elaboratore, le superfici costruite a partire dalle equazioni di Costa per cercare di capire quale ne fosse la struttura; dallo studio delle immagini i due matematici sono riusciti a cogliere alcune simmetrie delle figure che vedevano e da questa osservazione sono stati in grado di dimostrare analiticamente l’esistenza delle soluzioni (7).
Topologia e sistemi dinamici non lineari
Non vi è alcun dubbio che è nel campo della topologia che si è sviluppato maggiormente l’utilizzo della computer graphics negli ultimi anni. Il motivo è chiaro; la topologia studia le trasformazioni e l’invarianza delle figure nello spazio in presenza di alcuni vincoli.Uno degli esempi più interessanti è la Venere Etrusca di George Francis, Donna Cox e Ray Idaszak. Una delle superfici che Francis e i suoi colleghi hanno ottenuto è stata chiamata Etrusca perché tale superficie è, dal punto di vista del calcolo, più semplice di quella Romana, una superficie trovata nel secolo scorso, durante un soggiorno a Roma, dal matematico Steiner, e quindi ne è una antenata. Tra le immagini della superficie Etrusca ve ne è una che gli autori hanno giudicato “totalmente inaspettata”. NeI film Etruscan Venus sono state inserite animazioni al computer che riguardano l’utilizzazione di diverse omotopie. E’ interessante riportare le parole che Francis, il matematico, ha utilizzato per descrivere il suo lavoro. “La nascita della Etruscan Venus è avvenuta nell’asettico regno della matematica pura e della computer graphics sperimentale. Le immagini al computer sono sì realizzate dall’uomo ma la logica al silicone è troppo rigida, troppo inflessibile. Queste immagini sono davvero volute, ispirate da una efficace nuova idea? Oppure sono oggetti trovati per caso, adattati, forse piacevolmente colorati e rielaborati, ma pur sempre il prodotto del cieco caso durante le operazioni di routine degli esperimenti di visualizzazione scientifica? La Venere e i suoi derivati omotopici sono quindi oggetti casuali, abilmente preparati per essere guardati, qualcosa di simile ad una scultura fatta con legni trasportati dalle correnti. Frammenti di matematica contemporanea, metodi innovativi nell’assegnare il colore, algoritmi ottimizzati nel calcolo, queste sono le componenti selezionate con cura, riunite assieme e messe in mostra”.(8).
Un altro settore in cui il ruolo delle visualizzazione si è rivelato essenziale è stato quello dei sistemi dinamici non lineari, per semplificare i fenomeni che possono rientrare sotto il nome di teoria del caos. In molti di questi fenomeni non è possibile ottenere una soluzione esplicita del problema e quindi una delle idee possibili è quella di utilizzare un calcolatore per studiare il comportamento qualitativo delle soluzioni pur senza conoscerle esplicitamente.
Una delle cose più interessanti messa in evidenza dallo studio con i calcolatori grafici è l’enorme complessità che può essere contenuta in una equazione dall’apparenza molto semplice. Uno dei casi che ha avuto grande eco è stata la scoperta (o invenzione, il dibattito è sempre molto aperto tra i matematici) dell’insieme di Mandelbrot, una scoperta che non sarebbe stata possibile senza il ricorso a un computer grafico.
Benoit Mandelbrot ha osservato che “l’origine dell’arte frattale risiede nel riconoscere come delle formule matematiche molto semplici che sembrano del tutto aride, possano invece essere molto ricche, per così dire, di una enorma complessità grafica. Dentro questa matematica, vecchia di cento anni, molto elegante dal punto di vista formale, molto bella per gli addetti ai lavori, c’era anche una bellezza fisica, accessibile a chiunque……Facendo intervenire l’occhio e la mano nella matematica, non soltanto abbiamo ritrovato la bellezza antica, che resta intatta, ma abbiamo scoperto una bellezza nuova, nascosta e straordinaria…..Perché il matematico rigoroso dovrebbe aver paura della bellezza?”.(9).
Nel 1987 nasceva all’Università del Minnesota a Minneapolis il Geometry Supercomputer Project con l’intento di mettere a disposizione dei migliori matematici del mondo grandi calcolatori con elevate capacità grafiche per risolvere problemi di rilevante interesse. Nell’ambito del Geometry Project sono stati realizzati tra gli altri due film in animazione computerizzata: Not Knot, in cui sono studiati gli spazi complementari di un nodo, e Inside Out, sul rovesciamento di una sfera da dentro a fuori; i film sono stati realizzati da un gruppo di matematici ed informatici.Non vi è dubbio che la Matematica Visiva diventerà via via sempre più importante nel campo della matematica e che l’impatto visivo di alcune realizzazioni ha già destato l’interesse non solo degli scienziati ma anche di molti artisti.
“Nella nostra ricerca matematica abbiamo studiato come la simmetria e i sistemi dinamici coesistono. Le immagini del caos simmetrico sono allo stesso tempo complesse e familiari; la complessità è generata dai sistemi dinamici tramite i quali sono prodotte, mentre la familiarità è dovuta alla simmetria”. Sono due matematici Michael Field e Martin Golubitsky che così scrivono nel loro libro Symmetry in Chaos che ha come sottotitolo A search for Patterns in Mathematics, Art and Nature (10). Scopo dichiarato degli autori è sì presentare le immagini del caos simmetrico, principalmente perché sono “belle” ma anche fornire le informazioni necessarie per comprendere le idee matematiche che ne sono alla base. Le nuove forme ottenute studiando antichi problemi di superfici minime hanno avuto anche un quasi immediato riscontro tra gruppi di artisti. E’ stata persino realizzata una mostra virtuale delle superfici trovate con il nuovo sapone computerizzato.
Sono solo alcuni degli esempi che si possono fare. Siamo probabilmente solo agli inizi di una sempre maggiore diffusione delle immagini create dai matematici e dagli artisti che con loro collaborano. Se il problema dei matematici può sembrare abbastanza semplice, si tratta di capire se una dimostrazione è corretta o meno, se una simulazione è plausibile o meno, il compito di coloro che si occupano di arte e di critica diventa sempre più complicato. Se l’utilizzazione di “computer visivi” fa nascere nuove sfide per i matematici, allo stesso tempo, la computer graphics potrebbe essere il nuovo linguaggio unificante tra arte e scienza. E’ difficile predire le future direzioni delle relazioni tra le arti e la ricerca matematica. Vale la pena sottolineare come al convegno tenutosi nel 1988 a Berkeley venne l’idea di pubblicare un volume che scritto (e illustrato) da matematici e artisti cercasse di fare il punto ed indicasse le direzioni possibili di una nuova futura collaborazione tra artisti e matematici. Il volume intitolato The Visual Mind: Art and Mathematics è stato pubblicato alla fine del 1993 dall’MIT Press di Boston (11). E’ probabile che sarà il primo di una lunga serie.
Bibliografia
(1) E.A.Abbott, Flatlandia, Milano, 1966
(2)T. Banchoff, Oltre la terza dimensione , Bologna, 1993
(3) M. Emmer, (a cura di), “Visual Mathematics”, Leonardo, vol. 25 n. 3/4
(4)P. Concus, R. Finn, D. Hoffman, Geometric Analysis and Computer Graphics, MSRI Series n. 17, Berlino, 1991
(5)P.J. Davis e D. Hersh, The Mathematical Experience, Boston, 1981
(6) J.Horgan, “The Death of Proof”, Scientific American, October, 1993
(7) M. Callahan, D. Hoffman, J.T. Hoffman, “Computer graphics Tools for the Study of Minimal Surfaces”, Comm. ACM, 31 n. 6, 1988, pp. 648-661
(8) G. Francis, A Topological Picture Book, Berlino, 1987
(9)H.O.Peitge & P.H. Richter, La bellezza dei frattali, Torino, 1987
(10)M. Field, M. Golubitsky, Symmetry in Chaos, Oxford, 1993
(11) M. Emmer, The Visual Mind: Art and Mathematics, Boston, 1993