Vita a condizioni estreme

Si chiamano polipo dumbo, anellidi, physonectae. Li guardi e pensi a quanto siano, rispettivamente, buffi, o mostruosi, o belli. Sono tra le affascinanti creature che abitano alcuni tra i più misteriosi fondali marini: le dorsali medio-oceaniche. La formazione di queste vette è dovuta all’allontanamento di due differenti placche tettoniche. Dalla frattura che ne risulta fuoriesce del magma che proviene dalla crosta terrestre sottostante. E che si trova a circa 300-400 C. La temperatura dell’acqua marina a queste profondità è invece un paio di gradi sopra lo 0C. Al contatto con l’acqua, più fredda, il magma condensa formando così questa catena montuosa sommersa. Che con i sui circa 40 mila chilometri di lunghezza è anche la più lunga del nostro pianeta.

Disseminate qui e lì sulle creste di queste vette marine si trovano delle fessure, entro cui entra dell’acqua marina, che presto – a causa delle altissime temperature e pressioni all’interno della crosta terrestre – viene risputata fuori. Questi spruzzi di liquido – acqua mista a magma – si trovano a temperature tra i 270C e i 400C e formano delle vere e proprie fumarole, chiamate sorgenti idrotermali.

Alte temperature e mancanza di luce necessaria alla fotosintesi: a intuito si potrebbe immaginare che in tali zone le condizioni non permettano alcuna forma di vita. E infatti questo è quanto si pensava fino a circa 25 anni fa. Poi nel 1977 qualcosa cambiò. Durante una spedizione oceanografica una troupe di scienziati del Woods Hole Oceanographic Institution (Whoi) calò il sommergibile Alvin al largo delle isole Galapagos. E scoprì che, anche nel buio degli abissi marini, esistono alcune forme di vita. Infatti, l’acqua che fuoriesce da questi geyser marini è ricca di minerali dissolti (solfuri di rame, ferro e zinco) e di batteri chemosintetici, i quali utilizzano tali composti per produrre materia organica attraverso la chemosintesi, un processo che svolge lo stesso ruolo della fotosintesi nel caso delle piante terrestri. Successivamente, questi batteri formano una sorta di tessuto, che attrae altri piccolissimi organismi, come gli anfipodi e i copepodi. I quali a loro volta attraggono altri organismi come lumache, molluschi, bivalve, gamberi, granchi, varie forme di vermi, pesci e polipi. Gli organismi più piccoli si cibano dei batteri, e vengono a loro volta mangiati da quelli più grandi.

Quando questi complessi ecosistemi vennero scoperti, i biologi marini riconobbero immediatamente che l’unica possibilità per questi organismi di assicurare la continuità della loro specie era quella di abbandonare il difficile ambiente in cui si erano formati – caratterizzato da fumarole isolate e transienti – e di migrare verso altri lidi. Un’ipotesi confermata da studi genetici compiuti su organismi appartenenti a siti anche molto distanti fra loro. Ma come avvengono questi spostamenti? Gli adulti di queste popolazioni hanno spesso difficoltà motorie, o si trovano ancorati a qualche superficie, come nel caso dei vermi tubolari. L’unica possibilità è che tali migrazioni avvengano durante lo stadio larvale.

Negli ultimi dieci anni sono stati compiuti molti progressi nel campo della classificazione delle varie specie, nello studio degli effetti della dispersione sulla dinamica delle varie popolazioni, delle caratteristiche genetiche e delle strutture all’interno delle varie comunità. Nonostante questi progressi, come la dispersione delle larve avvenga davvero rimane tuttora più o meno un mistero. I modelli che simulano il trasporto delle larve assumono che la circolazione trasversale all’asse delle dorsali medio-oceaniche sia omogenea. Ipotesi sicuramente erronea in queste aree dalla topografia complessa, dove i processi di diffusione sono molto importanti. Inoltre, quali caratteristiche oceanografiche e geografiche costituiscano delle barriere per lo spostamento delle larve, e quali caratteristiche permettano invece alle specie pioniere di colonizzare questi fondali marini, rimangono questioni ancora irrisolte.

Proprio per cercare di risolvere questi misteri è stato ideato l’esperimento Ladder (Larval Dispersal along the Deep East pacific Rise): un mese di perlustrazioni dei fondali oceanici.

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