Voglio un muscolo di carbonio

    Progetto Cyborg, anno duemila: l’ultima frontiera si chiama nanotubi, e sono i principali candidati sintetici per comporre i muscoli del futuro uomo bionico. Un sogno per molti scienziati, un cult per molti appassionati di fantascienza, ma soprattutto una speranza per molti malati. L’annuncio di un’importante scoperta in questo campo arriva da Erice, in Sicilia, dove si è tenuto un workshop promosso dalla Scuola internazionale di fisica dello stato solido, che ha visto come protagonisti proprio i nanotubi. Si tratta di fibre di carbonio estremamente resistenti (cinquanta volte più dell’acciaio, pur pesando sei volte di meno) e spesse pochi milionesimi di millimetro. E che hanno le qualità necessarie per costruire muscoli artificiali: possono infatti trasformare segnali elettrici in impulsi meccanici, piegandosi e distendendosi. Se per esempio vengono collegati a un generatore di corrente alternata, cominciano a oscillare. E’ molto simile a quanto accade nei nostri muscoli che si contraggono rispondendo agli impulsi cerebrali. La scoperta arriva dai ricercatori della Honeywell la multinazionale statunitense assorbita dalla Allied Signal, l’industria che inventò il nylon.

    I risultati della ricerca sono stati illustrati da Zafar Iqbal al Centro di cultura scientifica “Ettore Majorana” di Erice. In sostanza, l’esperimento si basa sulla realizzazione di un “foglio di nanotubi”, un tessuto di fibre di carbonio intrecciate che rimpiazzano quelle di cellulosa nella carta. I ricercatori hanno immerso il foglio in un solvente, filtrando poi il tutto. Il materiale depositato sul fondo del filtro è stato poi riscaldato a circa 500 gradi, fino a ottenere un impasto compatto estremamente poroso – un velo molto simile alla carta carbone – che consente ai liquidi di penetrare con molta facilità. A questo punto i ricercatori hanno trattato le due estremità del foglio: quella superiore è stata dorata, mentre l’altra è stata ricoperta con altri due fogli di “carta di nanotubi”. Questi due fogli aggiuntivi erano elettricamente carichi, positivi da un lato, negativi dall’altro. La porzione inferiore è stata poi immersa in un recipiente contenente acqua e comunissimo sale da cucina, mentre la parte dorata è stata connessa a un generatore. Quando la corrente è stata accesa, il foglio di nanotubi immerso nel liquido ha cominciato a piegarsi. In particolare, lo studio ha dimostrato che il lato carico positivamente si espande, mentre quello negativo si contrae.

    Nonostante la semplicità concettuale e l’uso di pochi strumenti, l’esperimento americano apre la strada a nuovi e affascinanti orizzonti. Il prossimo obiettivo dei ricercatori è infatti di costruire in laboratorio un organo artificiale vero e proprio, in grado cioè di rispondere correttamente a diverse e numerose sollecitazioni. Anche se la strada è tutt’altro che facile, come spiega Paolo Milani, direttore del workshop di Erice e docente al dipartimento di Fisica dell’Università di Milano: “I composti a base di carbonio rivestono un interesse strategico nel campo dei materiali strutturali. Tuttavia, da soli, non possiedono tutte le caratteristiche necessarie a sostituire un muscolo reale: i nanotubi, infatti, si legano difficilmente e tendono a scivolare l’uno sull’altro”. Inoltre, tutti i materiali impiegati devono essere ovviamente biocompatibili, cioè chimicamente inerti. Il gruppo guidato da Zafar Iqbal, in collaborazione con le Università di Milano e Pisa, ha comunque già avviato la seconda fase della ricerca, che ha come obiettivo proprio la realizzazione di una sorta di “armatura” in grado di interagire con i nanotubi. In particolare, la ricerca punta sulle fibre polimeriche, un materiale che sta mostrando prestazioni incoraggianti. “L’idea”, afferma Milani “è di sciogliere i nanotubi in una matrice polimerica, grazie a una tecnica sulla quale – anche se per altri scopi – sta lavorando con efficacia pure la Nasa”.

    Trincerandosi dietro il segreto industriale, Zafar Iqbal non ha voluto svelare la formula dell’elettrolita solido che serve per fornire la carica iniziale, ma ha comunque affermato che “si sta lavorando con successo per immettere quanta più energia possibile. L’efficacia meccanica dipende infatti dall’energia incamerata dai nanotubi”. Ma non è tutto. Iqbal ha infatti precisato che “i risultati raggiunti in laboratorio mostrano che le proprietà meccaniche dei nanotubi sono già oggi superiori a quelle dei muscoli naturali”. Proprio come i muscoli d’acciaio, anzi di carbonio, degli eroi da fantascienza.

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