Spazio

Quei vulcani di fango riscrivono la storia di Marte

Vulcani sì, ma di fango. E anche relativamente giovani: risalgono infatti ad appena 370 milioni di anni fa. Una scoperta, raccontata sulle pagine di Scientific Reports, ghiotta per i ricercatori che si occupano di geologia marziana, perché porta a rivedere (ancora) quel che sappiamo circa la presenza di acqua nel sottosuolo del Pianeta rosso. Una massa considerevole di acqua infatti sarebbe stata presente “nel sottosuolo di Marte in tempi incredibilmente recenti”, ha spiegato Barbara De Toffoli del Dipartimento di Geoscienze dell’Università di Padova, coordinatrice della ricerca. E questo non è importante solo per comprendere la geologia di Marte, lo è anche per la ricerca di forme di vita extraterresti per via della nota associazione tra acqua e vita (per come la conosciamo).

Vulcani che eruttano fango

La scoperta arriva grazie ai dati acquisiti dalla sonda Mars Reconnaisance Orbiter (Mro), la sonda della Nasa lanciata nel 2005, che ha collezionato dati preziosi su Marte. Cosa hanno fatto gli scienziati è la stessa Toffoli a raccontarlo, spiegando come hanno proceduto all’analisi delle enigmatiche strutture allienate della zona Arcadia Planitia. Cumuli prodotti dalla risalita di acqua, in maniera analoga alla risalita di lava: “Siamo stati in grado di capire che questi allineamenti di strutture potessero essere interpretati come centri di emissione di fluidi e sedimenti – racconta De Toffoli – Successivamente abbiamo classificato le caratteristiche peculiari e comuni di questi migliaia di vulcani marziani e li abbiamo paragonati con strutture simili, sia terrestri che marziane, individuando una morfologia pressoché identica a quelle in esame”. I ricercatori, continua De Toffoli, hanno quindi effettuato anche un’analisi della distribuzione dei centri di emissione, così da avere “una
stima della profondità fino a cui si estende il sistema di fratturazione che collega i vulcanelli di superficie alla loro sorgente di fluido”. Questo sistema di fratture coinvolgerebbe uno spessore della crosta pari a circa 18 km.

(Immagine: Scientific Reports/Via Università di Padova)

Ripensare la geologia marziana

L’età dei vulcani di fango è pari a circa 370 milioni di anni. Un periodo, successivo a quello di secca, in cui le sole attività dell’acqua si credeva fossero quelle ristrette alle calotte polari e ai fenomeni a ridosso della superficie. Quanto osservato da De Toffoli e colleghi porta così a riconsiderare la storia dell’attività marziana e della sua evoluzione, ma non solo: “Marte è uno dei principali candidati di studio per la ricerca di vita, noi abbiamo individuato su Marte un ambiente in cui significative quantità d’acqua sono state presenti in forma liquida in un tempo molto recente – ha spiegato la ricercatrice – questo rende l’area ad alto potenziale, e quindi attraente, per lo sviluppo di studi astrobiologici. Oltre alla presenza di acqua liquida, sono interessanti a queste finalità di studio le possibili emissioni di metano prodotte dalla dissociazione dei clatrati (ghiacci d’acqua le cui strutture cristalline possono ospitare molecole di CO2 o metano) e dal fatto che i fluidi in esame provengono da profondità dove la vita è potenzialmente più riparata dell’inospitalità marziana più superficiale”.

Acqua liquida su Marte

La presenza, attuale e passata di acqua su Marte, è un argomento hot in astronomia, per via della possibilià di aver ospitato o ospitare forme di vita. Qualche anno fa fece notizia la scoperta da parte sempre del Mro di strisce scure sul pianeta riconducibili alla presenza di acqua liquida e salata sul pianeta. Scoperta poi ridimensionata, con nuovi studi a indicare flussi di sabbia, più che di acqua per le strisce scure sul pianeta. Solo un anno fa invece un team tutto italiano annunciava, grazie ai dati raccolti dalla sonda Mars Express, la scoperta di una riserva di acqua liquida nascosta sotto la superficie ghiacciata del pianeta.

Riferimenti: Scientific Reports

Anna Lisa Bonfranceschi

Giornalista scientifica, a Galileo Giornale di Scienza dal 2010. È laureata in Biologia Molecolare e Cellulare e oggi collabora principalmente con Wired e La Repubblica.

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