La peste arriva dal Neolitico: ecco il ceppo più antico di Y. pestis

peste yrsinia pestis

Durante l’ultima fase del Neolitico (4200-3500 a.C.), in tutta Europa la presenza umana cresceva a ritmo costante. Poi, intorno al 3400 a.C. la popolazione si diradò in tutto il continente. Le ragioni di questo declino sono ancora da chiare e ora una ricerca pubblicata su Cell annuncia la scoperta di un nuovo ceppo della peste, il più antico finora nella ascendenza del batterio Yersinia pestis, che nei millenni ha più volte decimato la popolazione umana.

La peste più antica

I ricercatori guidati da Simon Rasmussen, dell’Università di Copenhagen, hanno analizzato i dati pubblicamente disponibili di DNA estratto dai resti di 78 individui sepolti in un cimitero di epoca neolitica vicino Gӧkhem, in Svezia. Le sepolture coprono un periodo di due secoli, dal 5100 al 4900 a.C., dicono le datazioni con il carbonio 14, e il loro numero è significativamente superiore rispetto ad analoghi siti scandinavi. Rasmussen e il suo team di ricerca hanno voluto verificare se tutti quei morti fossero dovuti a un evento epidemico e hanno analizzato i dati genetici cercando tracce di possibili agenti patogeni.

La scoperta è stata la presenza inequivocabile di Yersinia pestis. I due individui in cui è stato trovato il batterio erano vissuti intorno al 4900 a.C., un’epoca di poco precedente a quella della più  antica testimonianza della peste in Europa nota finora. Tuttavia, a rendere interessante il ceppo di Y. pestis appena scoperto è soprattutto il fatto che, confrontato con i ceppi più recenti, risulta completamente nuovo, e con una sequenza simile a quella del batterio responsabile della peste polmonare (non ancora debellata), probabile causa di morte dei due individui trovati nella tomba svedese.

Il nuovo ceppo è stato chiamato Gok2 ed è oggi il batterio più vicino all’origine genetica di Y. pestis. I ricercatori sono riusciti a stabilire che probabilmente si differenziò da altri ceppi circa 5700 anni fa.

Una nuova teoria per il declino del Neolitico

Il batterio della peste in circolazione oggi proviene da una linea genetica originatasi 5100 anni fa, mentre durante l’età del Bronzo erano comuni altri ceppi, differenziatisi circa 200 anni prima. La scoperta di Rasmussen e colleghi dice che alla fine del Neolitico, 5-6000 anni a. C., probabilmente esistevano già diversi ceppi di peste. Dunque, potrebbero essere state delle epidemie di Y. pestis a causare l’improvviso declino della popolazione europea che si registra nel Neolitico, finora attribuito all’esaurirsi delle risorse naturali e alla pressione di popolazioni provenienti dalle steppe russe.

Secondo Rasmussen la peste potrebbe essere il terzo fattore determinante per spiegare il declino delle popolazioni neolitiche in Europa. I ricercatori hanno finora creduto che le prime epidemie fossero arrivate nella parte occidentale del continente con le migrazioni dei popoli delle steppe eurasiatiche circa 5000 anni fa. Ma se esistevano già dei ceppi di Y. pestis negli insediamenti scandinavi 5700 anni fa, significa che l’evoluzione del batterio era iniziata da tempo, e che probabilmente la popolazione europea stava già diminuendo prima dell’arrivo delle genti dalle steppe. Inoltre, il DNA degli individui della tomba di Gӧkhem non è riconducibile a quello di questi nuovi popoli.

Mega-insediamenti incubatori di Y. pestis?

La ricerca suggerisce quindi una nuova ipotesi per la diffusione della peste in Europa, che sarebbe stata favorita dalla espansione della cultura di Trypillian, proveniente da un territorio più a est, a cavallo fra le moderne Moldavia, Romania e Ucraina. Tra il 4000 e il 3400 a.C. questi popoli costruivano insediamenti di dimensioni mai viste, capaci di ospitare fino a ventimila persone. I ricercatori pensano che questi mega-insedimaneti fossero degli incubatori ideali per la nascita di nuovi batteri. “Erano dieci volte più grandi di altri insediamenti esisteniti all’epoca: ospitavano migliaia di persone e animali, grandi quantità di cibo, in condizioni sanitarie probabilmente molto scarse. Un caso da manuale per l’evoluzione di nuovi agenti patogeni come Y. pestis”, osserva Rasmussen. 

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Di Kenny Arne Lang AntonsenOpera propria, CC BY-SA 4.0, Collegamento

Evidenze archeologiche mostrano che questi mega-insediamenti avevano vita breve – venivano bruciati ogni 80-150 anni e ricostruiti altrove – e scomparvero bruscamente intorno al 3400 a.C., all’alba dell’età del Bronzo. “Probabilmente venivano abbandonati e distrutti quando le persone cominciavano a morire”, spiega ancora Rasmussen, “e un po’ alla volta la gente cominciò a sposarsi lungo le prime rotte commerciali, grazie anche alla diffusione della ruota, portando così l’epidemia in tutta Europa”.

L’evoluzione delle epidemie

I ricercatori non sono riusciti a trovare tracce della peste negli scavi dei mega-insediamenti Trypillian, la prova che confermerebbe definitivamente l’ipotesi che queste strutture abbiano favorito la diffusione del batterio Y. pestis. Tuttavia, secondo Rasmussen lo studio pubblicato su Cell fa un passo avanti nella comprensione del processo che ha portato la peste (come altri agenti patogeni) a essere letale. “Nonostante quello che si crede la peste non è sempre stata mortale”, spiega lo scienziato, “anzi, si è evoluta da un organismo relativamente innocuo. La stessa cosa è successa con vaiolo, Ebola e Zika. Yersinia pestis è attivo ancora oggi, ed è importante capire come un organismo innocuo possa evolvere in uno estremamente virulento”.

Riferimenti: Cell

Crediti immagine: Karl-Göran Sjögren, University of Gothenburg

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