Lo studio del Dna per prevenire la violenza sui minori

“In Italia, ogni giorno, quattro bambini sono vittime di abusi. Da un’analisi condotta su 16.000 segnalazioni arrivate al Telefono Azzurro dal 2008 al 2013, 8.885 riguardano forme di violenza: il 18,8% abusi psicologici e l’11% violenza fisica (di cui il 63% percosse, il 3,8% violenza sessuale e il 10,5% trascuratezza). Le vittime sono nella maggior parte bambine e adolescenti femmine (53%), percentuale che sale al 68,1% in caso di abusi sessuali, a fianco delle quali oggi arriva anche l’impegno dei ricercatori dell’Istituto di scienze neurologiche del Consiglio nazionale delle ricerche (Isn-Cnr) di Catania, che hanno avviato il progetto pilota “Maltrattamenti e abusi sui minori: correlazioni cliniche, genetiche ed epigenetiche”. Un’iniziativa, guardata con grande attenzione dal mondo istituzionale, che studia come interrompere i cicli della violenza, grazie all’epigenetica, come spiega Enrico Parano, responsabile scientifico del progetto e ricercatore Isn-Cnr.

Com’è nato questo progetto?
“La violenza sui minori è una delle più gravi emergenze umanitarie del nostro tempo. A confermarlo sono i dati dell’ultimo rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità: in Europa più di 18 milioni di minori subiscono forme di violenza. In Italia, ogni giorno, quattro bambini sono vittime di abusi e, nel mondo, ogni 15 minuti un bambino muore per atti di violenza nei sui confronti. Il nostro Progetto nasce anche in riposta alle richieste dell’Oms e dell’Unicef che di recente hanno sottolineato che il fenomeno della violenza sui minori deve necessariamente essere affrontato oltre che da punto di vista umanitario, sociale e terapeutico-assistenziale, anche dal punto di vista scientifico; quest’ultima considerazione, prende spunto anche dalle recenti evidenze di carattere neurogenetico, riscontrate in alcuni individui, sia adulti e sia minori, affetti da specifiche neuropsicopatologie comportamentali correlate al fenomeno della violenze subite. È noto infatti che la maggior parte dei minori che subiscono abusi sessuali e maltrattamenti fisici, possono sviluppare determinate neuropsicopatologie comportamentali quali, soprattutto, il Disturbo Post Traumatico da Stress (Dpts)”.

Perché si parla anche di epigenetica in relazione alle violenze?
“Di recente è stato riportato nelle più autorevoli riviste scientifiche internazionali, incluso Nature e Pnas, che a seguito delle violenze subite, si verificano anche alterazioni cosiddette di tipo epigenetico quali eventi mutazionali causati dalla violenza. L’epigenetica è una branca relativamente nuova della biologia molecolare, il cui termine in greco epi, si riferisce ad una forma di ereditarietà che partecipa a monte, sopra, della sequenza genetica, nella regolazione dell’espressione genica. Più semplicemente, l’epigenetica studia i cambiamenti ereditari del Dna senza alterare la sequenza del codice genetico, come agiscono invece le mutazioni genetiche in senso classico. Si può affermare che esiste quindi un secondo codice genetico funzionale: quello epigenetico. Recentemente, sulla rivista Nature, l’epigenetica è stata descritta come la ‘sinfonia del Dna’: la stessa sequenza genetica può essere espressa diversamente nelle nostre cellule, come uno spartito musicale può essere letto, riprodotto ed eseguito in maniera diversa in relazione agli strumenti dell’orchestra ed all’interpretazione degli orchestranti. L’impatto delle condizioni esterne, ovvero dell’ambiente, induce una varietà di percorsi regolativi, modificando il comportamento dei nostri geni. Tutto ciò conferma l’idea, universalmente accettata dalla comunità scientifica, che nessun individuo sia predestinato dalle mutazioni contenute nel suo patrimonio genetico, ma che sia invece l’esperienza individuale a caratterizzare le condizioni di vita e ad influenzare la funzionalità dei geni, riuscendo a ritardare, mitigare e persino silenziare gli effetti potenzialmente patologici di una mutazione genetica. Molti dei meccanismi molecolari che regolano i processi epigenetici sono ancora da approfondire, ma la loro conoscenza si presta a diventare una pietra miliare nel prossimo futuro per lo studio delle malattie multifattoriali”.

Quali sono i contributi e gli aspetti innovativi più interessanti del progetto?
“Il Progetto intende approfondire e studiare, per la prima volta, le correlazioni cliniche e le evidenze di tipo genetico ed epigenetico, riscontrabili nei minori che hanno subito maltrattamenti e abusi e che hanno conseguenzialmente sviluppato gravi neuropsicopatologie comportamentali. I dati preliminari e i risultati attesi, consentirebbero da un lato di attuare nuove strategie preventive, diagnostiche e terapeutiche – anticipazione diagnostica, interruzione del ciclo della violenza, scelta di un trattamento psicoterapeutico specifico, terapia farmacologica mirata – con conseguente riduzione di casi di violenza sui minori e dall’altro offrirebbero una nuova lettura ed interpretazione medico-scientifica di alcuni individui adulti, affetti da specifiche neuropsicopatologie con storia pregressa di violenza subita durante l’infanzia”.

Cosa sappiamo già sui collegamenti tra violenza ed epigenetica?
“Da tempo sono noti alcuni geni chiave nella regolazione dell’attività neuroendocrina che, sotto l’influenza di determinate circostanze ambientali sfavorevoli, come l’accadimento di un evento fortemente stressogeno e traumatico quale il maltrattamento fisico e l’abuso infantile, possono presentare specifiche alterazioni di carattere epigenetico. Il piano sperimentale ed innovativo del nostro progetto prevede di condurre una duplice analisi basata sull’identificazione delle eventuali anomalie genetiche e sulla caratterizzazione dei cambiamenti epigenetici, espressi dai livelli di metilazione del Dna, attraverso un campione di indagine composto da minori e adulti che anno subito fenomeni di abusi sessuali e maltrattamenti fisici e che hanno, conseguenzialmente, manifestato il Dpts e/o patologie ad esso correlate”.

Quali sono i comportamenti provocati dalla violenza subita nell’infanzia?
“È noto infatti che il Disturbo post traumatico da stress, Dpts, conseguente a fenomeni di abusi sessuali e maltrattamenti, può manifestarsi con un quadro clinico unico e specifico ed includere comportamenti, manifestazioni e sintomi distinti rispetto a quando lo stesso disturbo è causato da altri eventi traumatici. Tra i sintomi principali ad esempio, la perdita di interesse per le attività ludiche e sociali, comparsa di comportamenti non adeguati all’età, regressione verbale e psichica, disturbi dell’attenzione e della concentrazione, sviluppo di fobie e paure. Inoltre, nell’età adulta, è possibile riscontrare una marcata tendenza a reiterare nei confronti di terzi i maltrattamenti e gli abusi subiti, tendenza auto lesive e suicide comportamenti antisociali ed atteggiamenti aggressivi, maggiore predisposizione all’alcolismo, alla tossicodipendenza e alla bulimia. Le recenti evidenze neuroradiologiche, dimostrano poi che l’abuso sessuale, soprattutto se reiterato, produce anche specifiche alterazioni a carico del sistema nervoso centrale quali, principalmente, riduzione del volume cerebrale, anomalie della sostanza bianca in diverse regioni encefaliche, in particolare della corteccia prefronatale ed alterazioni a carico dell’ippocampo (riduzione del volume), dell’amigdala (aumento di volume), del corpo calloso e del cervelletto (riduzione del volume). Partendo proprio da queste nuove evidenze scientifiche, di tipo clinico, neuroradiologico, genomico ed epigenetico, riportate indipendentemente da gruppi separati di ricercatori, abbiamo recentemente proposto in letteratura che, per una migliore interpretazione clinica-diagnostica, sarebbe più opportuno che il fenotipo, le manifestazioni cliniche e i sintomi conseguenti a fenomeni di abuso sessuale nei minori, vengano meglio considerati quali un’entità distinta, un disturbo specifico, propendo il termine di Sindrome da Abuso Sessuale (Cas, Child Abuse Syndrome)”.

Perché è importante e utile studiare le alterazioni epigenetiche causati da abusi su un minore?
“Il fenomeno della violenza subita nell’infanzia spesso provoca un modello ciclico di comportamenti violenti che spesso perdurano di generazione in generazione. Autorevoli reviews scientifiche e studi statistico-epidemiologici hanno definitivamente confermato che la frequenza degli individui adulti responsabili di atti di violenza sessuale nei confronti dei minori è maggiore in coloro che hanno subito a loro volta atti simili, anche rispetto a quelli vittime di altro genere di violenze. Tuttavia, è stato dimostrato che l’aumento di rischio di reiterazione è molto variabile e l’incidenza di reiterare una condotta violenta è inevitabilmente soggettiva e dipende da numerosi fattori correlati all’età e all’esperienza della vittima, al contesto socio-culturale in cui vive, alla modalità e alla frequenza dell’abuso subito, al ruolo intrafamiliare o extrafamiliare del soggetto abusante e, ovviamente, ai provvedimenti medici, socio-assistenziali e terapeutici forniti. In ogni caso, è stato scientificamente provato che gli effetti dei traumi subiti e le conseguenti alterazioni epigenetiche, possono perdurare di generazione in generazione. A tal proposito ad esempio, uno studio approfondito, eseguito dalla neuropsichiatra Rachel Yehuda, ha riguardato gli effetti epigenetici trans generazionali: prendendo in esame donne incinte che avevano vissuto l’esperienza dell’attentato delle torri gemelle dell’11 settembre, seguendole fino a nove mesi dopo il parto, ha dimostrato che i livelli di cortisolo erano significantemente più alti nei nascituri, a conferma degli effetti traumatici trasmessi alla prole per effetto di un vero e proprio imprinting epigenetico. Ciò conferma che un grave evento traumatico è in grado di fissarsi sul nostro Dna, come un’impronta, e produrre delle ripercussioni importanti nella sfera neuropsicofisica che, talvolta, possono perdurare o manifestarsi anche nelle generazioni successive. Studiare pertanto le alterazioni epigenetiche che si verificano conseguenzialmente a traumi subiti, in particolar modo ai traumi dell’abuso sessuale, appare utile ed importante in quanto ciò consentirebbe non solo di potere disporre di nuove tecniche di indagini di carattere diagnostico, ma anche di attuare nuove e soprattutto mirate strategie terapeutiche di carattere pisico-teraputico e soci-assistenziale e, nel prossimo futuro, anche di carattere farmacologico. A tal ultimo proposti infatti, sono in fase di sviluppo specifici farmaci detti epigenetici, già utilizzati per la terapia di alcune patologie multifattoriali/ambientali per eccellenza quali le patologie tumorali, che potrebbero essere impiegati con successo anche per la terapia delle neuropsicopatologie comportamentali correlate al fenomeno della violenza sui minori”.

Il progetto ha già ottenuto consensi o approvazioni?
“Il progetto in questione, oltre che di particolare interesse scientifico (vedi Progetto All.7: Patrocini delle Principali Società Scientifiche Italiane, Assessorato Regionale Salute Regione Sicilia e Ministero Sanità), è stato anche valutato di interesse istituzionale ed infatti i Ricercatori dell’Isn, Cnr di Catania, sono stati recentemente invitati da parte della Senatrice Venera Padua e della Senatrice Donella Mattesini a presentarlo al Senato della Repubblica, innanzi ai rappresentanti istituzionali della Commissione Igiene e Sanità del Senato e della Commissione Bicamerale per l’infanzia e l’adolescenza, ad un evento dal titolo: ‘Le Istituzioni incontrano le Scienze Mediche Pediatriche: Maltrattamenti e Abusi sui Minori’. In tale occasione, gli esponenti delle suddette Commissioni Parlamentari, hanno manifestato notevoli apprezzamenti ed interesse per ricerca scientifica esposta dai ricercatori del Cnr, ed hanno concordato reciproci impegni di collaborazione, sinergie ed interventi di supporto Istituzionale per il Progetto Scientifico in questione. In particolare, è stata sottolineata l’importanza di avviare corsi di formazione ed informazione sul territorio nazionale a favore degli insegnanti scolastici e dei medici, in collaborazione con il Cnr e le principali Società Scientifiche Pediatriche Italiane. A tal proposito infatti, una recente indagine condotta su un campione di oltre 1000 medici, inclusi pediatri, ha evidenziato che circa il 50% confonde le varie tipologie di maltrattamento più comuni e, in ogni caso, il 50% dei medici non denunciano o non segnalano perché ritengono di non avere sufficienti elementi e una preparazione adeguata in materia. Da qui anche l’esigenza ed il forte bisogno di maggiori strumenti di informazione e di formazione specifica, per i medici in generale, per i pediatri in particolare, ed anche per gli insegnati scolastici. Ricordo infatti, che il 90% dei casi di violenza sui minori avvengono in ambito familiare e pertanto pediatri e insegnati scolastici rappresentano spesso gli interlocutori principali e fondamentali per l’identificazione dei primi segnali clinici-neurologici, neuropsicologici e comportamentali, suggestivi di violenza sui minori”.

Credits immagine: AJC ajcann.wordpress.com/Flickr CC

1 commento

  1. Sta partendo anche il Progetto Epi-Revamp teso ad accertare le variazioni epigenetiche nelle donne e nei minori che hanno subito vissuti di violenza. Tale progetto promosso nell’ambito del Progetto REVAMP – CCM2014 del Ministero della Salute è organizzato dalla Divisione traumi dell’Istituto superiore di sanità e coordinato dall’Ospedale Galliera di Genova.

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