Vesta come non l’avete mai visto

Questa settimana, le pagine di Science sono affollate di studi sullo stesso argomento. A meritarsi tanta attenzione è Vesta, sino a oggi considerato il più grande asteroide della Fascia principale, cioè la regione del Sistema Solare confinata tra le orbite di Marte e Giove. Grazie al fiume di immagini e dati raccolti dalla Missione Dawn, la sonda lanciata dalla Nasa nel settembre del 2007 ed entrata nell’orbita di Vesta lo scorso luglio, i ricercatori sono finalmente in grado di sbilanciarsi sulla storia e le caratteristiche di questo gigantesco corpo celeste. Ecco le notizie più interessanti.

Dal report pubblicato dal gruppo di ricerca di Christopher Russell dell’Università della California di Los Angeles, negli Usa, è arrivata la conferma più importante. Vesta non è un asteroide ma un protopianeta, ovvero un pianeta non completamente formato. Gli astrofisici, in effetti, non hanno mai dato troppo credito all’ipotesi dell’asteroide: troppo grande e strutturalmente complesso per essere considerato tale. Avevano ragione, come dimostrano i dati raccolti dalla sonda Dawn che hanno permesso di stabilire con maggiore precisione massa, volume e campo gravitazionale di Vesta, da cui i ricercatori hanno ricavato informazioni sulla sua struttura interna. Vesta ha un nucleo con densità compresa tra i 7,1 e i 7,8 g/cm3 e un raggio tra i 107 e i 113 km. Questi dati e la presenza di particolari elementi (tra cui il ferro) sono compatibili con il seguente scenario: il protopianeta si è formato durante i primi milioni di anni di storia del Sistema solare, incorporando elementi radioattivi che hanno promosso le reazioni alla base della differenziazione, il processo di formazione degli involucri dei pianeti. In altre parole, Vesta è una delle superfici più antiche del Sistema, sopravvissuta a oltre 4 miliardi e mezzo di collisioni nella fascia asteroidale.

Collisioni che ne hanno continuamente modificato l’aspetto. Parola di Maria Cristina De Sanctis dell’Inaf di Roma, a capo del gruppo di ricerca che ha firmato un altro dei sei report. “I risultati che arrivano da Dawn ci suggeriscono che la pelle di Vesta è continuamente soggetta a una sorta di lifting”, ha commentato la ricercatrice. Gli stati più superficiali del protopianeta sono ancora contaminati dai meteoriti che in passato lo hanno colpito, mentre quelli più profondi conservano le caratteristiche della sua crosta primordiale. Dall’equipe di De Sanctis è arrivata anche un’altra conferma: le meteoriti HED (acronimo i nomi delle rocce howarditi-eucriti-diogeniti) che talvolta colpiscono la Terra provengono proprio da Vesta. Lo dimostrano i dati ottenuti dallo spettrometro italiano VIR (Visual and InfraRed Spectrometer) a bordo di Dawn, che ha scovato nel protopianeta gli stessi minerali presenti nelle HED. Tutta la superficie di Vesta presenta infatti tracce di howardite, mentre le regioni equatoriali contengono eucrite e il cratere d’impatto Rheasilvia, nell’emisfero sud, è ricco di diogenite. Ed è proprio da questo gigantesco cratere che provengono i meteoriti.

La sonda della Nasa ha permesso di conoscere meglio anche la morfologia di Vesta. Assieme a un gruppo di colleghi, Ralf Jaumann dell’Institute of Planetary Research, in Germania, ne ha mappato la superficie, rilevando la presenza di abbondanti crateri d’impatto lungo la fascia equatoriale, strane macchie scure di materia e frane. Ma, come scritto nel loro studio, i ricercatori non hanno rilevato alcuna traccia di antica attività vulcanica. Messe assieme, queste proprietà fanno di Vesta un corpo a metà tra la Luna, i pianeti terrestri e alcuni asteroidi, un unicum nel Sistema solare. Tra i crateri d’impatto meglio caratterizzati, poi, ce ne sono due nell’emisfero sud che sono i più grandi. Nel report del gruppo di ricerca di Paul Schenk del Lunar and Planetary Institute, negli Usa, leggiamo che il Rheasilvia misura circa 500 km di larghezza per 19 km di profondità ed è vecchio circa un miliardo di anni. Ma ancora più antico è il Veneneia, un altro cratere d’impatto largo 400 km.

5 Commenti

  1. Scusate, ma questo articolo è francamente imbarazzante; Vesta non è affatto “considerato il più grande asteroide della Fascia principale”; qualsiasi astrofilo, anche il più dilettante, sa che più grandi di Vesta sono sia Cerere che Pallade; inoltre, definire Vesta un “gigantesco corpo celeste” fà un po’ ridere, visto che stiamo parlando appunto di asteroidi, vale a dire fra i corpi celesti più minuscoli che esistano.
    Inoltre, scusate ma se, come dite voi, Vesta ha un raggio medio compreso fra 107 e 113 km (che significherebbe un diametro medio compreso fra 214 e 226 km), come diavolo fa ad avere crateri di 500 km (il Rheasilvia) o 400 (il Veneneia)? Sarebbe come dire che una perona sia alta 1.80 e abbia gambe lunghe 2 metri!?!

  2. Caro Massimo,
    in realtà il raggio di cui parlo nel testo non è riferito all’intero asteroide ma solo al suo nucleo. In effetti, si stima che il diametro di Vesta si aggiri intorno ai 530 km, per cui i conti con i suoi crateri dovrebbero tornare.
    Per quanto riguarda la definizione “gigantesco corpo celeste”, può farti ridere ma non è scientificamente scorretta. Corpo celeste è una definizione generica per indicare gli oggetti astronomici, ed è vero che Vesta è gigantesco in una “scala asteroide”.
    Ma sul primo appunto hai ragione: Vesta non è il più grande asteroide della Fascia principale! Come giustamente fai notare, lo battono Cerere e Pallas (anche se con quest’ultimo sono praticamente a un testa a testa)

  3. Anch’io ho subito notato che il diametro dei crateri rusiltava maggiore di quello di Vesta.
    Rilevo che anche con la successiva correzione i conti non tornano.
    Non so quale possa essere la dimensione massima di un cratere rispetto al corpo su cui impatta, ma certamente non può avere un diametro di dimensioni quasi uguali; lo farebbero diventare come una mezza anguria svuotata, o – penso più probabilmente – esplodere e disperdere nello spazio.
    Credo più probabile che ci sia un errore da qualche parte.

  4. Gentili lettori,
    ecco alcune fonti da cui è possibile ricavare i dati, che sono quelli riportati nell’articolo, per quanto possa suonare effettivamente strano (lo fa notare anche space.com: http://www.space.com/12097-vesta-asteroid-facts-solar-system.html).

    Il database del Jet Propulsion Laboratory della Nasa (http://ssd.jpl.nasa.gov/sbdb.cgi?sstr=4) riporta un diametro per Vesta (4 Vesta, come viene chiamato ufficialmente, http://www.nasa.gov/mission_pages/dawn/ceresvesta/index.html) di 530 km.

    Ciò non toglie che la lunghezza del cratere in questione sia di circa 500 km, come si può leggere sull’abstract pubblico dello studio apparsa su Science (http://www.sciencemag.org/content/336/6082/694.abstract); la misura è riportata anche dal sito dell’Inaf (http://www.media.inaf.it/2012/05/10/vesta-lanello-mancante/).

  5. Buongiorno a tutti,

    in realtà a fronte di un diametro di 530 km circa la superficie di Vesta è di ben 882.000 km e la circonferenza 1664 km,dati più che sufficienti,direi,per giustificare la presenza di un cratere di 500 km di diametro.

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