Terremoto a Catania, cosa sta succedendo all'Etna

terremoto a catania

Numerosi crolli, 28 feriti e 600 sfollati: questo il bilancio dopo il terremoto di magnitudo 4.8 nel basso fianco sud-orientale dell’Etna, alle ore 03.19 della mattina del 26 dicembre, nella notte fra Natale e Santo Stefano. Sono sei i paesi alle pendici del vulcano, appartenenti alla provincia di Catania maggiormente colpiti, fra cui quello di Fleri, e centinaia di sfollati questa notte hanno trovato accoglienza in albergo. Si è trattato di uno dei terremoti in assoluto più energetici sulle pendici del vulcano. Questo evento sismico ha avuto luogo 3 giorni dopo l’inizio dell’eruzione in atto sull’Etna, cominciata il 24 dicembre. Eruzione e terremoto sono probabilmente collegati. Ecco come.

La cronologia dell’eruzione e del sisma
La mattina del 24 dicembre 2018 è cominciata una nuova eruzione laterale dell’Etna, caratterizzata dall’intrusione di un dicco. Il dicco è un corpo roccioso costituito dall’infiltrazione di magma all’interno di una fessura fra gli strati di rocce sedimentarie.

Alle 12 della vigilia di Natale, dunque, si è aperta una fessura eruttiva a circa 2.400 metri di altezza dal livello del mare, lunga 2 chilometri, lungo il fianco orientale del monte, che ha dato luogo a colate di lava in particolare localizzate sulla Valle del Bove.

Questo fenomeno ha generato una deformazione del suolo e un intenso sciame sismico, spiegano gli esperti dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia sul loro blog. Lo sciame è iniziato alle 9.

30 del 24 dicembre 2018, con ben 300 scosse – di entità inferiore rispetto a quella del 26 dicembre – già nelle primissime ore. Gli epicentri di questi sismi sono localizzati nel fianco orientale dell’Etna, soprattutto nella Valle del Bove e nei crateri sulla superficie del monte.

Il terremoto del 26 dicembre
Il terremoto delle 03.19 del 26 è stato avvertito in buona parte della Sicilia orientale, da Messina a Siracusa, e in maniera particolare a Catania. Il sisma di 4.8 di magnitudo ha epicentro a 2 chilometri a nord di Viagrande e Trecastagni, in provincia di Catania, molto simile per posizione ad un sisma avvenuto circa 200 anni fa, il 20 febbraio 1818.

Due ore prima del terremoto delle 03.19, era stata registrata un’altra scossa importante, di magnitudo 3.3 (alle 01.09 del 26 dicembre), in una posizione vicina, anche se un po’ più a nord-est. Dal 23 al 26 dicembre, inoltre, sono state registrate diverse centinaia di scosse (più di mille), di cui circa 60 con magnitudo superiore ai 2.5. La situazione è continuamente tenuta sotto controllo dall’Ingv.

Dall’eruzione al terremoto
“Il terremoto delle ore 03:19 è verosimilmente legato all’attivazione della faglia Fiandaca e della faglia di Pennisi, due delle strutture più meridionali del sistema tettonico delle Timpe”, raccontano gli esperti dell’Ingv. Questo terremoto, proseguono, è probabilmente collegato all’intrusione del dicco che ha causato anche l’eruzione: “Spesso accade, infatti, che l’intrusione di un dicco magmatico trasferisca uno stress alle strutture tettoniche circostanti provocando terremoti anche di elevata magnitudo”.

Ma gli esperti rassicurano sulla situazione eruttiva: al momento sono esclusi problemi alle principali infrastrutture e alle popolazioni locali e i segnali indicano che l’attività eruttiva è in diminuzione. Tuttavia, non è possibile escludere che il diccostia ancora crescendo e che possano aprirsi altre fessure a quote più basse di 2.400 metri, dove si è creata quella di oggi. Così, il monitoraggio prosegue costante.

Via: Wired.it

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here