Buon compleanno Voyager!

(Credit: NASA/JPL)

20 agosto e 5 settembre. Nell’esplorazione spaziale queste due date hanno fatto, senza retorica, la storia. Era il 1977 quando le due sonde della missione Voyager della Nasa lasciavano la Terra tuffandosi nello Spazio. In 40 anni hanno messo tra noi e loro una distanza inimmaginabile: Voyager 1, lanciata proprio il 5 settembre, si trova a 13 miliardi di miglia circa dal nostro pianeta, e la sua gemella Voyager 2 a 11 miliardi di miglia. Rispettivamente, al di là delle distanza, una nello Spazio interstellare e l’altra nell’elioguaina, lo strato più esterno dell’eliosfera, dove il vento solare frena a causa dell’interazione con il vicino spazio interstellare. E basterebbe forse questo a rendere l’idea della portata di questa missione, la più lontana e di più lunga durata mai effettuata dall’essere umano. Eppure la distanza – acquisita, va detto, con diversi strumenti operativi ancora a bordo per entrambe le navicelle – non racconta che un tassello dei quarant’anni delle Voyager. Che oggi la Nasa festeggia in grande stile con un evento a Washington trasmesso anche online, sul sito dell’agenzia spaziale statunitense.

I primi passi
Comincia tutto, in realtà e come da consuetudine, molto prima che le navicelle lascino la Terra. Era l’estate del 1965 e alcuni studi mostrarono che sfruttando un raro allineamento planetario, che avviene una volta ogni 176 anni, alla fine degli anni Settanta si sarebbe potuto spedire una navicella e farle visitare i pianeti del Sistema solare esterno con minor carburante e in minor tempo.

Tutto grazie alla possibilità di sfruttare la gravità dei pianeti come carburante. Nei primi anni Settanta cominciano i lavori alla missione Voyager – inizialmente chiamata Marine Giove/Saturno 1977, perché l’idea era quella di visitare solo i due giganti – che porteranno le sonde a partire nell’estate del 1977. Ad agosto la Voyager 2 poi a settembre 1, che ricevettero questi nomi a dispetto dell’ordine di partenza perché una avrebbe raggiunto Giove e Saturno dopo dell’altra pur partendo prima. Nell’estate di quattro anni dopo l’iniziale progetto era già concluso, ma la storia delle sonde era appena iniziata potremmo dire.

I primati
Le visite ai giganti Giove e Saturno sarebbero state seguite da una serie quasi impressionante di primati portati a casa dalle sonde nella loro lunga vita. Tra il 1977 e il 1990 le sonde avrebbero sorvolato i quattro pianeti del sistema solare esterno, ne avrebbero visitati alcuni, come Urano e Nettuno, per la prima volta, scoperto diverse lune intorno a Giove, Saturno, Urano e Nettuno, visto gli anelli di Giove, Urano e Nettuno, scoperto vulcani attivi oltre la Terra (sulla luna Io di Giove) e trovato indizi circa la presenza di oceani oltre il nostro pianeta (sulla luna gioviana di Europa), nonché rivelato la presenza di atmosfera ricca di azoto su Titano, la luna di Saturno.

Ma i pianeti non sono stati l’unico interesse delle due sonde, né gli unici co-protagonisti dei loro primati. Anche lo spazio fuori dall’eliosfera, un’immaginaria bolla dove il vento solare esercita il suo potere prima di incontrare il vento interstellare, avrebbe giocato un ruolo importante nella vita delle sonde. Trentacinque anni dopo il lancio Voyager 1 è sbarcata nello spazio interstellare, fuori la bolla, misurando l’intensità dei raggi cosmici e il campo magnetico di questo luogo fino ad allora completamente oscuro e aprendo la strada al prossimo arrivo della gemella Voyager 2.

Un libro di storia per extraterrestri
Ci sono una gran quantità di se in merito alla reale utilità dei dischi a bordo delle sonde. Parliamo dei Golden Records, i dischi contenenti suoni e immagini destinati ad alieni sconosciuti per raccontare qualcosa di noi umani, qui sulla Terra. Se qualcuno mai li troverà, se sarà in grado di leggere le istruzioni necessarie per leggerle, se potrà servirsi degli stessi strumenti che abbiamo noi per esprimerci e comunicare. Possibilità a parte quei messaggi, sotto forma di suoni e immagini, raccontano di noi, e contribuiscono al fascino delle due sonde. Incisi sopra i dischi si trovano una collezione di saluti in 55 lingue diverse, suoni e immagini che parlano di noi, scelti da una commissione presieduta da Carl Sagan. E cosa venne scelto oltre 40 anni fa per raccontare di noi? Immagini che raffigurano la fecondazione, la doppia elica del dna, la radiografia di una mano, immagini dei pianeti, della deriva dei continenti uno spartito musicale, foto di vita quotidiana in diverse parti del mondo, così come suoni – tanto quelli dei classici come quelli della musica etnica, nonché suoni naturali, dal canto delle balene ai richiami degli uccelli.

Via: Wired.it

Anna Lisa Bonfranceschi

Giornalista scientifica, a Galileo Giornale di Scienza dal 2010. È laureata in Biologia Molecolare e Cellulare e oggi collabora principalmente con Wired e La Repubblica.

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