A ciascun concetto il suo suono

Perché la maggior parte delle persone, indipendentemente dalla lingua che parlano, affermerebbe che un oggetto chiamato “mal” è più grande di uno chiamato “mil”? Esiste cioè una qualche correlazione tra i nomi che diamo alle cose e la loro forma? A ipotizzare che i fonemi usati dalla specie umana abbiano delle caratteristiche intrinseche, legate agli oggetti e ai concetti che rappresentano, sono stati i ricercatori del Centro Mente/Cervello (CIMeC) dell’Università di Trento, dell’Università di Oxford e del Max Planck Institute for Biological Cybernetics. Lo studio, pubblicato su Experimental Brain Research, suggerisce che alcuni aspetti del lessico potrebbero essere universali, indipendenti dalle lingue e dalle convenzioni sociali, come invece è stato ritenuto finora. In altre parole ogni immagine, oltre ad avere forma e colori, avrebbe anche un suo caratteristico suono: quello che le associamo anche inconsapevolmente mentre la osserviamo. 

Nel loro studio, i ricercatori hanno chiesto a un gruppo di persone di pronunciare la vocale “a” mentre venivano loro mostrate delle immagini. Analizzando la natura dei suoni emessi, gli studiosi hanno osservato una sorta di simbolismo dei suoni, ovvero che, a seconda delle caratteristiche dell’immagine, le vocalizzazioni cambiano in modo simile in tutte le persone: venivano pronunciate a un volume più alto se le immagini erano luminose, e con un tono più acuto se gli oggetti rappresentati erano spigolosi (a paragone, rispettivamente, con immagini scure e rotondeggianti).

“È noto da tempo che le persone tendono spontaneamente ad associare dei suoni privi di significato a delle forme visive, come nell’esempio famoso in cui è più probabile che a evocare un oggetto spigoloso sia il vocabolo ‘takete’ piuttosto che il vocabolo ‘maluma’”, commenta Francesco Pavani del CIMeC, che ha partecipato allo studio: “L’aspetto più nuovo e sorprendente di questa ricerca è il fatto che anche una emissione semplice, come la vocale ‘a’, del tutto spontanea e arbitraria, cambia a seconda della figura che stiamo osservando”.  

Secondo i ricercatori, lo studio potrebbe aprire le porte allo sviluppo di sistemi utili per trattare i disturbi del linguaggio, oltre che nel marketing, dove potrebbe servire a suggerire il nome più evocativo a un nuovo prodotto.

Credit immagine: Graig Jackson (Flickr)

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