Categorie: Ambiente

Acid ocean: l’azoto fa la sua parte

A livello globale, le emissioni di zolfo e azoto nell’atmosfera, provenienti da impianti elettrici e attività agricole, sembrano svolgere un ruolo di secondo piano nell’aumentare l’acidità dell’oceano. Vero, a meno di non considerare le acque costiere poco profonde, dove il loro impatto si amplificherebbe enormemente. La scoperta, fatta dai ricercatori della Woods Hole Oceanographic Institution (Whoi), è stata pubblicata in anteprima sull’edizione online di Proceedings of the National Academy of Sciences (Pnas).

Acidificazione: la parte dell’azoto

L’acidificazione dell’oceano si verifica quando alcuni composti chimici presenti nell’atmosfera, come  anidride carbonica, zolfo o azoto, si depositano nel mare, diminuendone i livelli di pH. Tale aumento di acidità influisce negativamente sulla capacità di organismi marini, come ricci di mare, coralli e alcune specie di plankton, di rafforzare il proprio esoscheletro, cioè il guscio esterno calcareo, compromettendone la sopravvivenza. “La maggior parte degli studi sull’acidificazione degli oceanisi è focalizzata sulle emissioni da carburanti fossili e di anidride carbonica, che rappresentano certamente il fattore dominante” spiega Scott Doney del Dipartimento di chimica e geochimica marina, a capo dello studio. “Nessuno però finora si era interessato all’influenza dei depositi di azoto e zolfo sulle acque costiere”.

L’effetto dell’azoto

L’eccesso di azoto immesso nelle acque costiere potrebbe contribuire alla crescita sproporzionata di organismi unicellulari (fitoplancton) e di altre piante marine, e portare a dannose fioriture di alghe e all’atrofizzazione dell’acqua, alla creazione cioè di “zone di morte”, svuotate di ossigeno. Il team di ricerca, attraverso la costruzione di modelli teorici informatici, ha cercato di individuare le zone dell’oceano più a rischio. Le aree più colpite risultano essere quelle ‘sotto vento’ rispetto agli impianti elettrici (in particolare alle centrali elettriche a carbone). Gli effetti sono più pronunciati lungo le coste del Nord America, Europa e Asia sud-orientale. Gli scienziati prevedono che il pH della superficie dell’ceano – che ha già subito una diminuzione di 0.1 unità a seguito della rivoluzione industriale – si abbasserà di altre 0.3-0.4 unità per la fine del secolo: un aumento di acidità del 100/150 per cento. (m. r.)

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