Addio all’uomo pesce

Oceanografo, ambientalista, esploratore, naturalista, inventore, pioniere delle immersioni subacquee, ma anche scrittore e regista. Questa era l’immagine di Jacques Yves Cousteau più nota al grande pubblico. Ma forse il termine più azzeccato per questo straordinario personaggio era “manfish”: uomo pesce. E dopo 87 anni vissuti in completa simbiosi con il mare, tra immersioni e reportages, ricerche e apparizioni televisive, divulgazione scientifica e business che gli hanno fatto conquistare fama, onori e soldi. Mercoledì 25 giugno, dopo una lunga malattia, “le comandant” si è spento a Parigi. Afflitto da tempo da un’infezione polmonare, Cousteau è stato stroncato da un attacco cardiaco.

Guardato con sufficienza dagli accademici per la sua irregolare carriera scolastica e per l’eccessiva disinvoltura con cui divulgava il proprio lavoro, Cousteau era una figura anomala nel mondo scientifico. Ma era sul pubblico dei non addetti ai lavori che il Comandante esercitava il suo fascino: furono i suoi filmati a portare per la prima volta nelle case di milioni di persone le misteriose immagini del mondo sommerso.

Nato vicino a Bordeaux nel 1910, questo moderno Ulisse aveva cominciato a viaggiare sin da bambino, acquistando familiarità col mare. Un inizio scolastico non proprio brillante e un incidente d’auto lo avevano spinto a iscriversi all’Accademia navale di Brest. Nel 1933, in qualità di ufficiale della marina francese, aveva realizzato le prime immersioni grazie a una cinepresa sottomarina di sua invenzione. E allo stesso periodo risale anche la progettazione del respiratore artificiale, prezioso strumento per i sub e ottima fonte di reddito per il suo scopritore.

Negli anni Quaranta, con l’ingegnere Emile Gagnan perfezionò l’Aqualong, o scafandro automatico, una tuta impermeabile molto leggera che consente movimenti molto più ampi delle vecchie tute dei palombari. Scoppiata la Seconda guerra mondiale riuscì a conciliare la sua attività militare-spionistica con la passione per il mare: travestito da ufficiale italiano si tuffò nel porto francese di Sète per fotografare documenti segreti della flotta tedesca, impresa che gli valse un riconoscimento della Resistenza nel 1946.

Ma è solo a partire dagli anni Cinquanta che la “stella” di Cousteau inizia a brillare in tutto il mondo. Nominato capitano di corvetta della flotta francese, trasforma un dragamine militare di 43 metri nella leggendaria Calypso, la nave oceanografica protagonista di innumerevoli esplorazioni. Grazie a suoi lavori la biologia marina si arricchisce di nuove conoscenze che il capitano diffonde, spettacolarizzandole, in ogni parte del pianeta.

I filmati inediti, le riprese effettuate negli abissi più inacessibili, i libri corredati di splendide immagini, i programmi televisivi trasmessi in moltissimi paesi, trasformano Cousteau in un simbolo. Esaltato da molti, ma messo in discussione da altri. Se il suo film più famoso, “Il mondo del silenzio” (1956), vince l’Oscar e la Palma d’oro a Cannes come miglior documentario, è anche vero che gli viene rimproverato di aver maltrattato gli animali durante alcune riprese. Il volume “Il mare vivente” del 1963 e l’enciclopedia “L’Oceano” vendono milioni di copie, consacrando la sua fama e il suo conto in banca. Ma non tutto quello che Cousteau tocca diventa oro: nel 1972 manda in fumo 57 milioni di franchi dei contribuenti francesi per il fallimentare sottomarino Argyronte. Anche il parco oceanico alle Halles che portava il suo nome registra un passivo di 10 milioni di franchi. Infine, il rapporto col figlio minore subisce una clamorosa rottura in seguito a una disputa economica.

I suoi studi sul mar Mediterraneo, che ne avevano rivelato la storia antichissima e affascinante, vengono però oscurati da previsioni catastrofiste, pesantemente censurate dalla comunità scientifica. E’ quasi una premonizione invece, agli inizi del ‘96, l’accidentale affondamento della Calypso. Dopo cinquant’ anni il capitano era rimasto senza la sua nave. Cousteau spenderà le sue ultime energie per raccogliere i fondi per la Calypso II: ma da questo ultimo tuffo l’uomo-pesce non emergerà mai più.

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