Adesso è meno oscura

Costituirebbe un quarto del nostro Universo, eppure nessuno l’ha mai vista. Dal Kavli Istitute for Particle Astrophysics and Cosmology (Kipac) arriva ora la prima conferma dell’esistenza di quella strana cosa chiamata materia oscura.

La prova viene da molto lontano: da una particolare struttura chiamata bullet cluster, formata dall’incontro di due ammassi di galassie che si sono attraversate a circa tre miliardi di anni luce da noi, a una velocità di quindici milioni di chilometri orari. Secondo quanto osservato da Matusa Bradac e dai suoi colleghi del Kipac presso il Linear Accelerator Center del Dipartimento di Energia dell’Università di Stanford (Usa), lo scontro ha prodotto una separazione spaziale tra la materia luminosa (o ordinaria, che costituisce l’Universo visibile) e la materia oscura.

La collisione avrebbe permesso di “osservare” per la prima volta la materia oscura isolata, fornendo una prova della sua esistenza: l’impatto, infatti, che ha ovviamente rallentato la materia luminosa dei due ammassi di galassie, non avrebbe frenato la materia oscura che, comportandosi in modo “non convenzionale” e non interagendo neanche con se stessa, sarebbe passata in testa senza subire alcuna diminuzione di velocità.

La separazione tra i due tipi di materia in entrambi gli ammassi stellari è stata rilevata comparando le immagini a raggi X della materia luminosa con le misurazioni della massa totale, ottenute grazie al fenomeno del lensing gravitazionale, ovvero la distorsione della luce causata dalla forza di gravità. L’entità della deflessione è infatti una misura indiretta della massa che la provoca.
I ricercatori si sono serviti dei telescopi spaziali Hubble, Magellan e del Very Large Telescope per individuare la posizione delle masse all’interno della Bullet cluster. Dal raffronto con le immagini della materia luminosa provenienti dal Chandra X-ray Observatory, si è potuto distinguere due grandi gruppi di materia oscura che si allontanano velocemente dalla collisione, seguiti da due ammassi più piccoli di materia ordinaria.

Fin dagli anni Trenta gli astronomi si erano resi conto che la materia visibile nell’Universo era troppo poca per spiegare le interazioni gravitazionali osservate tra alcune galassie. La gravità “extra” ha due possibili spiegazioni: che la maggior parte della materia sia impossibile da vedere perché non emette luce né calore, oppure che la gravità non si comporti sempre nello stesso modo, ma segua un’altra legge in alcuni ammassi di galassie delle dimensioni di anni luce.

In accordo con la prima ipotesi, le osservazioni sembrano quindi confermare l’esistenza della materia oscura e che questa sia presente in maggiore quantità rispetto alla materia ordinaria che costituisce le stelle, i pianeti e tutti gli altri corpi celesti che conosciamo e che non rappresenterebbe che il cinque per cento dell’Universo. La massa “mancante” (ben il 25 per cento) interagisce solo gravitazionalmente e questo è l’unico indizio della sua esistenza. Ma neanche la materia oscura basta a far quadrare i conti. Il restante 70 per cento dell’Universo sarebbe costituito da energia oscura, una forma di energia la cui esistenza è finora stata provata solo in modo indiretto e che bilancerebbe l’attrazione gravitazionale.

La ricerca sarà pubblicata sul prossimo numero di Astrophysical Journal e su Astrophysical Journal Letters. Secondo il direttore del Kipac, Roger Blandford, le misurazioni sono inconfutabili e la dimostrazione che la materia oscura possiede le proprietà che gli erano state attribuite su basi teoriche mostrerebbe che siamo sulla strada giusta per comprendere la struttura dell’Universo.

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