La tecnica di neuroimaging a risonanza magnetica (Mri) si è dimostrata essere uno strumento promettente per prevedere la vulnerabilità degli adolescenti riguardo l’abuso di sostanze. È quanto riporta l’ultima analisi di un gruppo di ricercatori della Oregon State University, che spiega come questa tecnologia possa aiutare a identificare i giovani con maggiore rischio di sviluppare disturbi legati all’abuso di alcol e droga e consentire, così, lo sviluppo di nuovi metodi di prevenzione. Un esempio, raccontano i ricercatori sulle pagine di Current Opinion in Behavioral Sciences, potrebbe essere quello di includere esercizi neuropsicologici che possono potenziare le reti cognitive più vulnerabili nel cervello degli adolescenti.
Oggi, l’abuso di droga e alcol tra i minorenni è sempre più riconosciuto come un problema sociale e di salute pubblica, che porta con sé conseguenze a lungo termine, come un minor rendimento scolastico, deficit neurocognitivi e problemi psicosociali.
Secondo l’analisi, i giovani che iniziano a bere prima dei 15 anni hanno un tasso di dipendenza da alcol 4 alle 6 volte maggiore rispetto a coloro che non bevono fino ai 21 anni. “Siamo riusciti finalmente a stabilire le alterazioni strutturali e neurali nel cervello dovute all’abuso di droga e alcol”, spiega il co-autore dello studio Anita Cservenka.
“Sta diventando chiaro che alcune di queste alterazioni possono esistere prima dell’abuso di qualsiasi sostanza e spesso si trovano nei giovani che hanno una storia familiare con disturbi da alcol e droghe.
uesto fattore di rischio può giocare un ruolo importante nel futuro dei giovani, insieme ad altri fattori di rischio, come l’influenza dei coetanei, la personalità e le interazioni psicosociali”.
La storia familiare è un forte predittore dell’abuso di sostanze, spiega Cservenka, in quanto aumenta il rischio di sviluppare disturbi legati all’alcol negli adolescenti dalle tre alle cinque volte. I risultati dell’analisi, infatti, evidenziano una significativa sovrapposizione delle scansioni cerebrali tra quelli con una storia familiare con disturbi legati all’alcol e ad altre sostanze e i giovani che iniziano ad abusarne durante l’adolescenza.
L’analisi, inoltre, mostra che nei giovani con una storia familiare di alcool e di sostanze presentano un volume più piccolo delle aree del sistema limbico, come l’ippocampo (che supportano funzioni psichiche come emotività e memoria a breve termine) e un’associazione positiva tra il fattore di rischio familiare e il volume del nucleus accumbens, ovvero il sistema di neuroni coinvolto in numerosi meccanismi, tra cui il rinforzo e la dipendenza.
Altri fattori di rischio per l’abuso di sostanze nei giovani che sono state identificate sono: basse prestazioni negli esercizi di funzionamento esecutivo, come la memoria di lavoro e l’inibizione, minori volumi nelle regioni di controllo cognitivo e di ricompensa. Un altro fattore, aggiungono i ricercatori, potrebbe essere i sistemi di emozione e di ricompensa che si sviluppano prima di quelli di controllo cognitivo, lasciando quindi i giovani più vulnerabili a comportamenti a rischio.
“Stiamo solo iniziando a comprendere i fattori di rischio per l’abuso di sostanze e le conseguenze del consumo di sostanze adolescenti con questi studi a lungo termine”, spiega la ricercatrice. “Queste informazioni dovrebbero aiutarci a individuare quali giovani potrebbero essere più a rischio e quali aree del cervello sono più vulnerabili, in modo indirizzare con più precisione la ricerca e lavorare meglio per prevenire questi problemi. Se la risonanza magnetica ha evidenziato una debolezza nella memoria a breve termine, per esempio, giochi per computer potrebbero contribuire a rafforzare l’area del cervello competente. Infine – conclude Cservenka – approcci simili potrebbero essere utilizzati anche per aiutare ad affrontare problemi come lo stress e la depressione”.
Via: Wired.it