Al via il progetto Archimede

Il sole, anche di notte. Lo porterà a Priolo Gargallo, in provincia di Siracusa, il futuro impianto solare termodinamico, che, se le previsioni verranno rispettate, dovrebbe entrare in funzione nel 2009, garantendo la produzione di energia elettrica anche dopo il tramonto. Il protocollo d’intesa firmato ieri tra Enel e Enea ha dato  via libera alla realizzazione in Sicilia del progetto “Archimede”, un campo solare di 360 specchi che produce energia in modo costante, ideato anni fa dal premio Nobel Carlo Rubbia  e rimasto finora disatteso.

Con un investimento complessivo di oltre 40 milioni di euro, l’impianto servirà per incrementare di circa 5 MW la potenza della centrale elettrica presso la quale verrà costruito. E promette di fornire energia sufficiente per soddisfare il fabbisogno di 4.500 famiglie con un risparmio di 2.400 tonnellate equivalenti di petrolio all’anno e minori emissioni di anidride carbonica per circa 7.300 tonnellate all’anno. Stanco di lottare per ottenere le autorizzazioni necessarie e di ascoltare le critiche di parte della comunità scientifica, Rubbia l’anno scorso aveva venduto il suo progetto in Spagna, ottenendo subito il nulla osta  per la realizzazione di alcuni impianti. Lì dal marzo 2005 esiste addirittura una legge che prevede sovvenzioni per la promozione del solare termodinamico.

Adesso per Archimede le cose sembrano mettersi meglio anche in Italia. Anche se restano le perplessità di alcuni scienziati. Tra questi Domenico Coiante, già responsabile per le energie rinnovabili dell’Enea,che sul sito di Aspoitalia (Association for the Study
of Peak Oil & Gas), aveva contestato l’originalità della concezione impiantistica di Archimede: un sistema composto da una serie di batterie di specchi parabolici che concentrano la luce diretta del sole su tubazioni percorse da un fluido termico. Un impianto analogo, dice Coiante,  esiste, già da almeno 10 anni a Junction Kramer in California. Rispetto a quello però, controbattono all’Enea, Archimede propone una sostanziale novità: la sostituzione dell’olio minerale usato in precedenza all’interno dei tubi con un nuovo composto a base di nitrati di sodio e potassio che, contrariamente all’altro, è innocuo per l’ambiente ed è capace di accumulare calore rendendolo disponibile in qualunque momento della giornata.

Al di là della querelle sull’attribuzione dei meriti, le osservazioni di Coiante e di altri esperti colpiscono più a fondo. Esistono reali possibilità che l’Italia diventi competitiva con questa tecnologia? Il prototipo siracusano potrà ripetersi altrove? Questioni decisive per valutare la reale utilità di un’operazione tanto costosa. Lo scetticismo di chi risponde no a queste domande è motivato principalmente da due osservazioni: innanzitutto la mancata disponibilità sul territorio di luoghi adeguati per grandi impianti e poi la minore quantità, rispetto ad altre nazioni come la Spagna, di radiazione solare diretta, quella utilizzata dagli specchi parabolici di Archimede che non rispondono alla componente diffusa della radiazione solare. Insomma, a sentire loro, il gioco  non vale la candela. Neanche se, come suggeriscono all’Enea, venissero installati nel deserto del Sahara  grandi impianti dai quali ricavare il rifornimento energetico per tutta l’Europa. In questo caso infatti si riproporrebbero nel solare gli stessi rischi connessi alla sicurezza dell’approvvigionamento energetico, già sperimentati per le fonti tradizionali.(g.d.o)

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