Alla scoperta del Dna del caffè

La caffeina il caffè l’ha sviluppata per conto proprio, in modo del tutto indipendente da  e cioccolato. È quanto emerge da uno studio pubblicato oggi su Science che presenta il genoma della pianta di Coffea canephora (la varietà robusta) frutto di uno lavoro internazionale cui ha collaborato anche l’Italia, con l’Enea e l’Università di Trieste (i dati sono disponibili sul sito dedicato).

Perché sequenziare il caffè? Le risposte sono nei numeri che descrivono il mercato della bevanda: oltre due miliardi di tazze (o tazzine, per l’italian style) consumate ogni giorno, quasi 9 milioni di tonnellate di caffè prodotte nel 2013, per un settore che impiega circa 26 milioni di persone e caratterizza l’economia di una cinquantina di paesi al mondo. La varietà robusta in particolare rappresenta circa il 30% della produzione mondiale, e insieme a quella arabica, è tra le specie commercialmente più importanti del caffè. Carpirne i segreti genetici quindi è fondamentale per migliorarne la produttività, realizzare nuove varietà e potenziarne la resistenza agli stress ambientali.

“Il genoma del caffè”, spiega Giovanni Giuliano, coordinatore del team dell’Enea: “è piuttosto ‘semplice’ ed è simile a quello, ipotetico, del progenitore comune di tutte le Asteridi, che comprendono il 25% delle piante superiori. Contiene circa 27 mila geni, contro i 35 mila del pomodoro e della patata, che sono evolutivamente vicine al caffè, ma in cui il genoma si è triplicato circa 70 milioni di anni fa. Malgrado l’assenza della triplicazione nel caffè, alcuni geni specifici, come quelli che sintetizzano la caffeina, si sono duplicati, rimanendo sul cromosoma originario o saltando su cromosomi diversi, e poi si sono specializzati nella sintesi di questa sostanza.  Lo studio di questi eventi di duplicazione in altre specie ci ha permesso di concludere che la caffeina è stata ‘inventata’ più di una volta durante l’evoluzione delle piante”.

Infatti – oltre a confrontare il genoma del caffè con quello di piante come l’uva e il pomodoro per scoprire cosa rendesse così lo rendesse così unico (per esempio, una famiglia di geni più grande di alcaloidi e flavonoidi, che contribuiscono al sapore e all’aroma del caffè e dei suoi chicchi) – gli scienziati hanno anche paragonato gli enzimi coinvolti nella produzione di caffeina con gli analoghi di cacao e tè. È così che i ricercatori hanno osservato notevoli differenze e concluso che la produzione della caffeina si sia evoluta in maniera indipendente nel caffè.

Che funzione abbia la caffeina in natura rimane dubbio. Potrebbe servire a respingere alcuni insetti o la crescita di piante competitrici. Quel che certo è che non siamo gli unici a esserne dipendenti, come conclude anche Giuliano: “Uno studio recente, pubblicato anch’esso su Science, dimostra che gli insetti impollinatori ritornano più spesso sui fiori ricchi in caffeina per ‘bere un altro sorso’ di nettare”.

Via: Wired.it

Credits immagine: happykiddo/Flickr

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