Secondo una credenza popolare occidentale parlare alle piante le farebbe crescere più rigogliose. In Oriente invece si consiglia di far ascoltare loro la musica, ed è dando retta a questo suggerimento che Carlo Cigozzi, ex avvocato ora proprietario del podere Il Paradiso di Frassina, a pochi chilometri da Montalcino, ha avuto l’intuizione: collocare degli amplificatori tra i filare della sua vigna, per diffondere la musica di Mozart. Dopo poco tempo la vite appariva sorprendentemente più rigogliosa e l’uva sembrava maturare prima.
È così cominciata una collaborazione con le Università di Pisa e di Firenze, dove dal 2006 si stanno studiando rispettivamente gli effetti delle onde sonore sugli insetti e quelli sul metabolismo delle piante.
L’ipotesi dei ricercatori è che le basse frequenze della musica classica potrebbero sia stimolare la produzione di sostanze che migliorano il sistema immunitario della vite, che tenere lontani gli insetti che la danneggiano. La speranza è quella di poter ridurre la quantità di pesticidi attualmente necessaria per proteggere il raccolto.
Spostandoci dalle colline della Val d’Orcia alle vallate alpine del Trentino Alto-Adige, scopriamo che anche un altro gruppo di ricercatori sta conducendo uno studio con le stesse finalità. Si tratta di un team di scienziati coordinato da Ilaria Pertot, biologa della Fondazione Edmund Mach, a San Michele all’Adige, che sta sperimentando la possibilità di ridurre il quantitativo di pesticidi per trattare le vigne utilizzando alternative eco-compatibili: feromoni e onde sonore. Lo studio fa parte del progetto di ricerca europeo Pure, nato per trovare soluzioni pratiche al problema dell’uso massivo di antiparassitari in agricoltura.
Anche in altri continenti si studiando gli effetti degli stimoli sonori sulle piante. In un vigneto sudafricano, ad esempio, è in corso una sperimentazione analoga a quella toscana, mentre in Cina è stato pubblicato uno studio che dimostra gli effetti benefici della musica classica alternata al canto del grillo sulle piante di ravanello, anguria e arachide.
Anche se le piante non possono percepire la musica attraverso gli organi di senso come gli animale, è possibile che “sentano” le onde sonore a livello cellulare. Questa almeno è l’ipotesi degli esperti di neurobiologia vegetale, una nuova disciplina che studia la capacità delle piante superiori di ricevere, elaborare e trasmettere gli stimoli provenienti dall’ambiente esterno e di rispondere modificando morfologia e metabolismo. Già alla fine dell’Ottocento Charles Darwin ipotizzò che gli apici radicali delle piante potessero essere una sorta di sistema nervoso che riceve ed elabora gli stimoli ambientali: umidità, luce, sostanze nutrienti e stimoli tattili. Oggi sappiamo, stando agli studi in corso dall’Italia alla Cina, che le piante gradiscono anche la musica.
Credits immagine: tanakawho/Flickr
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Molto interessante