Si stima che in Italia circa 600 mila persone convivano con l’Alzheimer, una patologia neurodegenerativa nota da oltre un secolo, ma le cui cause rimangono ancora sconosciute. Sono note alcune delle caratteristiche della malattia – come l’accumulo della beta amiloide e gli ammassi neurofibrillari della proteina tau – ma come tutto abbia esattamente origine sfugge. La ricerca sulla biologia della malattia procede a piccoli passi e oggi ad aggiungerne uno è stato il lavoro di un team degli scienziati dell’Università Statale di Milano, in collaborazione con l’Istituto di Zoologia di Kunming (Cina). I ricercatori hanno infatti identificato una molecola che contribuirebbe alla progressione della malattia. I dettagli su Molecular Psychiatry.
La molecola in questione si chiama peptide antimicrobico umano, o LL-37, ma per comprenderne l’azione è necessario conoscere il ruolo di un’altra proteina, detta CLIC1 (canale intracellulare del cloruro 1). CLIC1 è una proteina mobile – spiegano gli autori della ricerca – ossia in condizioni fisiologiche si ritrova nel citoplasma, ma, quando migra a livello della membrana cellulare delle cellule del sistema immunitario del cervello (la microglia), contribuisce alla progressione della malattia di Alzheimer. “La proteina CLIC1, una volta inserita nella membrana cellulare, ha una fondamentale funzione nell’attivazione delle cellule immunitarie, che avviene durante i fenomeni di infiammazione cronica ed in particolare in quelli che interessano il sistema nervoso centrale, come nel caso della malattia di Alzheimer”, spiega Michele Mazzanti dell’Università Statale di Milano, a capo dello studio.
Nel nuovo lavoro Mazzanti e colleghi hanno visto che il peptide LL-37 “muove” CLIC1 , promuovendone la traslocazione a livello della membrana e la sua attivazione. Come osservato grazie ad alcuni esperimenti nei modelli animali, il peptide è dunque in grado di innescare la comparsa di caratteristiche associate all’Alzheimer, come morte neuronale e anomalo accumulo di beta amiloide e grovigli neurofibrillari, scrivono gli autori. Se però si blocca l’interazione con la proteina CLIC1, questi effetti spariscono, suggerendo possibili strategie terapeutiche per il futuro. “Il peptide LL-37, favorendo la migrazione della proteina CLIC1 in membrana, può essere considerato un promotore del processo neurodegenerativo”, precisa Mazzanti. “Impedire al peptide LL-37 di svolgere la sua funzione o inibire direttamente la proteina CLIC1 localizzata nella membrana potrebbe essere una strategia farmacologica per rallentare o addirittura bloccare la progressione della neurodegenerazione”.
Riferimenti: Molecular Psychiatry
Credits immagine: Robina Weermeijer on Unsplash
Il colosso farmaceutico Johnson & Johnson pagherà 6,5 miliardi di dollari per chiudere le cause…
Si tratta di una patologia rara e difficile da trattare. Colpisce prevalentemente gli uomini e…
Secondo gli autori di un recente studio potrebbe contenere informazioni sul sesso e sul concepimento,…
Dopo il segnale incomprensibile, gli scienziati hanno riparato il danno a uno dei computer di…
L’Aifa ha approvato l’estensione della rimborsabilità del trattamento, che era già stato approvato per l'atrofia…
Resistono alle radiazioni potenziando la loro capacità di riparare i danni al dna. Piccolo aggiornamento…
Questo sito o gli strumenti di terze parti in esso integrati trattano dati personali (es. dati di navigazione o indirizzi IP) e fanno uso di cookie o altri identificatori necessari per il funzionamento e per il raggiungimento delle finalità descritte nella cookie policy.
Leggi di più