Salute

Alzheimer, si ferma la ricerca su un farmaco molto promettente: non è efficace come si sperava

Le speranze di trovare finalmente un trattamento efficace per la gestione dell’Alzheimer sembrano ora un po’ più lontane. Sono appena stati annullati i test clinici sull’aducanumab, un farmaco sperimentale ritenuto fino a ora molto promettente per trattare questa malattia. Ad annunciarlo sono state le due aziende farmaceutiche Biogen e Euisai, che in un comunicato hanno appena riferito di aver interrotto i loro due studi di fase 3 (Engage e Emerge), progettati per valutare l’efficacia e la sicurezza di questo farmaco sulle persone affette da una compromissione cognitiva lieve (Mci) o malattia di Alzheimer.

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Marta Musso

Laureata in Scienze Naturali alla Sapienza di Roma con una tesi in biologia marina, ha sempre avuto il pallino della scrittura. Curiosa e armata del suo bagaglio di conoscenze, si è lanciata nel mondo del giornalismo e della divulgazione scientifica. “In fin dei conti giocare con le parole è un po' come giocare con gli elementi chimici”.

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  • Questi continui fallimenti di ricerche iniziate oramai da un decennio che mirano a contrastare l’ Alzheimer cercando di eliminare fisicamente le placche di beta amiloide già formate, non fanno altro che corroborare una mia intuizione datata e commentata qualche anno fa su una rivista scientifica “popolare” che suonava in questo modo:
    Non si può contrastare una proteina - la beta amiloide- con un’altra proteina che ha lo stesso “valore energetico” e le stessesse caratteristiche biologiche della membrana plasmatica
    Un neurone che viene "asfissiato" dalla beta amiloide, una volta che perde la sincronizzazione ed esce di conseguenza dal proprio circuito nervoso è come se fosse morto; continuando a sopravvivere precariamente, diventa, una nuova sorgente-produttore di beta amiloide,e contemporaneamente, l’innesco di un circolo vizioso che ne aumenta in modo esponenziale la produzione.
    I farmaci testati non solo non risolvono il problema, ma lo amplificano intossicando le membrane plasmatiche sane.

  • Questi continui fallimenti di ricerche, iniziati oramai da un decennio che mirano a contrastare l’ Alzheimer cercando di eliminare fisicamente le placche di beta amiloide già formate, non fanno altro che corroborare una mia intuizione datata e commentata qualche anno fa su una rivista scientifica “popolare” che suonava in questo modo:
    Non si può contrastare una proteina – la beta amiloide- con un’altra proteina che ha lo stesso “valore energetico” e le stessesse caratteristiche biologiche della membrana plasmatica
    Un neurone che viene “asfissiato” dalla beta amiloide, una volta che perde la sincronizzazione ed esce di conseguenza dal proprio circuito nervoso è come se fosse morto; continuando a sopravvivere precariamente, diventa, una nuova sorgente-produttore di beta amiloide,e contemporaneamente, l’innesco di un circolo vizioso che ne aumenta in modo esponenziale la produzione.
    I farmaci testati non solo non risolvono il problema, ma lo amplificano intossicando le membrane plasmatiche sane.

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