Autismo, un male maschile

L’autismo, uno dei più enigmatici tra i disturbi psichiatrici, potrebbe essere legato alle differenze sessuali nello sviluppo cerebrale, ed essere causato da una “estremizzazione” delle normali caratteristiche del cervello maschile. A sostenerlo è una ricerca uscita sull’ultimo numero di Science. Lo studio, firmato da Simon Baron-Cohen, Rebecca Knickmeyer e Matthew Belmonte, tutti dell’Autism Research Center dell’Università di Cambridge, comincia dal sintetizzare le conoscenze attualmente disponibili sulle differenze sessuali a livello psicologico e neuronatomico.

Anche se maschi e femmine non differiscono rispetto al generico paramtro dell’intelligenza, è un dato di fatto che i maschi ottengono in media risultati migliori nei testi che hanno a che fare con l’orientamento e la lettura di mappe, o problemi di fisica e ingegneria. Inoltre i bambini giocano più frequentemente con i giocattoli meccanici. Le femmine per contro hanno risultati migliori nei test di riconoscimento delle emozioni e di sensibilità sociale, iniziano a parlare prima e hanno in generale maggiore facilità con il linguaggio, e da piccole preferiscono le bambole. Il tutto, naturalmente, misurato sui grandi numeri, con ampie variabilità individuali.

Che si tratti di differenze biologiche o provocate dall’ambiente e dalle diverse modalità educative è un tema molto dibattuto. Ma alcuni esperimenti condotti su animali confermano effettivamente che qualche fattore biologico all’opera c’è. I ratti maschi se la cavano meglio se vengono messi in un labirinto di cui devono trovare l’uscita, ma trattando un ratto femmina con massicce dosi di testosterone questa diventa altrettanto brava. Allo stesso modo, tra le scimmie i giovani maschi sembrano preferire i giocattoli meccanici e le giovani femmine le bambole. Da qui nasce la cosiddetta teoria E-S (empatia-sistematizzazione) secondo cui la psicologia maschile ha una maggiore tendenza alla sistematizzazione, cioè ad analizzare l’esperienza cercando regole generali che permettano di fare previsioni; per contro le femmine tenderebbero maggiormente all’empatia, cioè ad analizzare gli stati mentali altrui per rispondere adeguatamente e fare previsioni sui comportamenti.

A queste differenze corrisponderebbero le differenze anatomiche tra il cervello maschile e femminile. Il primo è in media più grande del 9 per cento, e il cervello maschile sembra avere più neuroni, disposti più densamente, ma con meno interconnessioni tra emisferi diversi. L’empatia, come confermato da studi di imaging cerebrale, attiverebbe proprio neuroni che sintetizzano informazioni da molte zone diverse del cervello, quindi richiederebbe un maggiore grado di interconnessione tra emisferi. I condizionali sono tutti d’obbligo, vista la frammentarietà dei dati in materia. Inoltre, l’amigdala, una formazione cerebrale che ha un ruolo nella paura e nelle emozioni primarie, è in media più grande nei ragazzi nell’età dello sviluppo rispetto alle ragazze.

Ora, la teoria che gli autori dello studio sposano rispetto all’autismo è quella dell’Extreme Mail Brain (Emb), proposta quasi sessanta anni fa da Hans Asperger (che diede il nome a una sindrome molto simile all’autismo classico) secondo cui i disturbi di tipo autistico (molto più frequenti tra i maschi che tra le femmine) sarebbero una estremizzazione delle caratteristiche del cervello maschile. Dal punto di vista psicologico, minore capacità di empatia, ma cacapcità di sistematizzazione intatta o addirittura superiore alla media. La vera novità dello studio è estendere questa teoria al livello neuronatomico. Poiché l’empatia attiva regioni del cervello che integrano informazioni da diverse fonti neurali, sarebbe logico aspettarsi nei soggetti autistici minore interconnessione tra emisferi, e così è.

In più, i bambini con autismo tendono ad avere cervelli più grandi del normale, e anche lo sviluppo dell’amigdala sembra un’estremizzazione delle caratteristiche maschili, con un’amigdala stranamente grande fino alla preadolescenza, che arresta il suo sviluppo per rimanere più piccola della media nell’età adulta.Tra le ipotesi per spiegare queste differenze, la più attendibile addita l’azione degli ormoni androgeni come il testosterone, prima della nascita. I recettori di questi ormoni sono particolarmente diffusi nella corteccia, e la comparsa dell’autismo potrebbe avere a che fare con una produzione di testosterone troppo elevata nel feto o con anormalità genetiche nei recettori.

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