Categorie: Società

Basaglia libera tutti

Nico Pitrelli

L’uomo che restituì la parola ai matti

Editori Riuniti, 2004

pp. 162, euro 11,05

Il 24 gennaio 1977, in una sala del consiglio provinciale allestita a conferenza stampa, lo psichiatra di origini veneziane Franco Basaglia siede accanto al presidente della giunta, il democristiano Michele Zanetti. La sala è gremita di fotografi e giornalisti accorsi da tutta Italia. Ci sono anche sindacalisti, infermieri, pazienti, cittadini. E i “matti”, scriveranno alcuni cronisti, “ti scappa di confonderli con gli altri”. Poi Zanetti prende il microfono e arriva l’annuncio tanto atteso: “L’esperienza di Trieste deve andare fino in fondo: il manicomio verrà definitivamente smantellato entro il prossimo autunno”. Così inizia “L’uomo che restituì la parola ai matti”, un libro scritto da Nico Pitrelli per raccontare la figura di Franco Basaglia e il susseguirsi di vicende storiche, scientifiche, politiche e culturali che hanno permesso, alla fine degli anni Settanta, di decretare la chiusura degli ospedali psichiatrici italiani e restituire alle persone affette da disturbo mentale un diritto di espressione e cittadinanza che due secoli di istituzione manicomiale avevano loro sottratto.In quegli anni la psichiatria italiana si è resa protagonista di un’esperienza straordinaria che nel 2001 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha indicato come esempio da seguire in tutto il mondo. Un’esperienza allo stesso tempo controversa, che si intreccia fittamente con la storia del nostro paese. Quando il 13 maggio 1978 viene approvata la legge 180 e la definitiva chiusura dei manicomi – si racconta nel libro – sono passati solo pochi giorni dal ritrovamento del cadavere di Aldo Moro nel bagagliaio di una Renault 4 abbandonata dalle Brigate Rosse in Via Caetani, giusto a metà strada tra le sedi romane della Dc e del Pci. Basaglia assume la direzione del manicomio di Trieste nel 1971 quando ancora sono ricoverate quasi 1200 persone. Abbatte le reti e i cancelli, elimina i chiavistelli alle porte e le sbarre alle finestre, le celle di isolamento e ogni altra forma di contenzione. Basaglia abbatte soprattutto le barriere comunicative del manicomio, fatte di gerarchie che negano ogni dialogo fra medici, infermieri e pazienti. Nasce così la gestione aperta dell’ospedale psichiatrico, la cosiddetta “Repubblica dei matti”, in cui la storia personale del paziente, la sua irripetibile soggettività, entra nel percorso riabilitativo. Infine Basaglia coinvolge la cittadinanza con assemblee pubbliche, feste e concerti, nel tentativo di vincere lo stigma che dipinge le persone affette da disturbi mentali come alienati violenti e irrecuperabili, “pericolosi a sé e agli altri” e perciò esclusi dalla vita sociale. È la sfida più difficile, forse a tutt’oggi incompiuta, nonostante l’esperienza triestina abbia dimostrato come il manicomio possa essere sostituito da una rete di centri di salute mentale distribuiti sul territorio, alla contenzione possa subentrare la cura, al silenzio il racconto. E il libro di Pitrelli racconta un Basaglia che non si limita a liberare gli internati, come un moderno epigono di Philippe Pinel, ma cerca piuttosto liberare la psichiatria e la società dal pregiudizio. E lo fa con un gesto scandaloso: restituisce la parola ai matti.

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