Il cervello di chi era dipendente da alcol, droga o tabacco è vulnerabile a dettagli apparentemente insignificanti. A volte bastano il tintinnio di un cubetto di ghiaccio nel bicchiere o la vista di un portacenere per scatenare nuovamente il desiderio di bere o di fumare. E la causa di questo condizionamento, spesso a lunghissimo termine, sarebbe neurologica. Lo dimostrano Kent Berridge e Cindy Wyvell, psicologi dell’Università del Michigan (Stati Uniti) in un articolo pubblicato sul Journal of Neuroscience. I ricercatori hanno condotto una serie di esperimenti sui ratti, addestrandoli ad associare un premio, come ad esempio una zolletta di zucchero, a un’azione o a un breve segnale sonoro. Alcuni ratti hanno poi ricevuto iniezioni di anfetamina. Dopo 10-14 giorni, un periodo di tempo sufficiente a smaltire l’intossicazione, l’esperimento è stato ripetuto. Risultato: quando i ratti “sensibilizzati” udivano il segnale sonoro cominciavano a ripetere l’azione più freneticamente dei compagni che non avevano ricevuto anfetamina. In un modo simile si comporta un altro gruppo di animali che aveva ricevuto l’iniezione di droga direttamente nel cervello. Ciò significa, secondo i ricercatori, che la sensibilizzazione dovuta all’assunzione di droghe agisce attivando i recettori dopaminici cerebrali e amplificando l’associazione tra stimolo (il segnale sonoro nei ratti, la vista di un portacenere per un ex-fumatore) e premio (la zolletta di zucchero o la sigaretta). “Con questo studio”, sottolinea Berridge, “abbiamo dimostrato, per la prima volta, che la sensibilizzazione neuronale è alla base del processo psicologico che è plausibilmente colpevole delle ricadute nella tossicodipendenza.” (f.n.)
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