Benzene, la marea tossica avanza

Un disastro ambientale è in corso vicino al confine tra la Cina e la Russia. La chiazza di benzene che lo scorso 13 novembre si è riversata nel fiume Songhua dopo l’esplosione di un impianto petrolchimico nella provincia cinese di Jilin, si avvicina sempre più alla regione dell’Amur, che segna la frontiera tra i due paesi. A dare l’allarme è il Wwf, che lamenta una totale mancanza di comunicazione e coordinamento tra le due potenze orientali. La presenza della sostanza tossica ha già bloccato l’approvvigionamento idrico per la città cinese di Harbin, abitata da quattro milioni di persone. Anche per gli abitanti della russa Khabarovsk è già stato di emergenza. Tutti corrono ai ripari cercando di accaparrarsi la maggior quantità di acqua potabile in bottiglia. Il rischio, oltre che per la salute dei cittadini, è anche per l’ambiente. Il benzene si scioglie solo in acque con temperature superiori ai 20 gradi °C mentre è insolubile nelle acque fredde. Attualmente il fiume Amur ha una temperatura di 10 °C, ma la sostanza potrebbe infiltrarsi sotto la sua superficie ghiacciata e disperdersi nell’ambiente con molta lentezza, aumentando il tempo di esposizione dell’ecosistema fluviale al veleno. La regione è una tra le più ricche dal punto di vista naturalistico: è coperta dalle più importanti foreste temperate e abitata da specie animali e vegetali anche rare. L’accaduto mette in evidenza, secondo il Wwf, la necessità di una regolamentazione più severa per le industrie chimiche cinesi che stanno mettendo a repentaglio la salute di fiumi e laghi. Il 70 per cento dei fiumi cinesi è infatti inquinato da liquami non trattati e scarichi industriali e tranne in tre province non esiste alcuna legislazione in materia di gestione di zone umide. (r.p.)

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