Ha già percorso tre miliardi di chilometri, quasi un terzo del viaggio che lo porterà a entrare nell’orbita di Mercurio il 5 dicembre del 2025. In attesa dell’evento, mancano invece appena pochi giorni ad un altro traguardo fondamentale nel lungo viaggio di Bepicolombo: il 2 ottobre la sonda compirà infatti il suo primo flyby attorno a Mercurio, manovra con cui inizierà la lenta decelerazione necessaria per entrare nell’orbita del pianeta e dare inizio alla fase clou della missione. Non che negli ultimi tre anni la sonda sia rimasta con le mani in mano. Tutt’altro: per l’occasione abbiamo deciso di ripercorrere assieme le tappe principali degli ultimi tre anni, le caratteristiche della missione e il suo obiettivo scientifico.
La missione
Bepicolombo è una missione congiunta che vede a fianco dell’Agenzia spaziale europea (Esa) l’omologa giapponese Jaxa. Per entrambe le organizzazioni si tratta della prima visita al pianeta più interno del nostro Sistema solare, un obiettivo esplorato fino ad oggi solamente da due sonde della Nasa: la Mariner 10, che ha raggiunto Mercurio nel 1973, e la Messenger, che ha effettuato il suo primo flyby il 14 gennaio del 2008.
Per fare di più, e meglio, dei suoi predecessori, la missione Bepicolombo è composta da due orbiter: il Mercury Planetary Orbiter, fornito dall’Esa, e il Mercury Magnetospheric Orbiter della Jaxa, che attualmente sono collegati tra loro a formare un unico veicolo spaziale, assieme al Mercury Transfer Module dell’Esa, che provvederà alla propulsione fino all’ingresso nell’orbita di Mercurio, quando le due sonde si staccheranno e inizieranno a raccogliere preziosi dati sul pianeta, la sua (quasi) atmosfera, e il suo nucleo.
Se tutto andrà come sperato, il 5 dicembre 2025 Bepicolombo inizierà quindi le sue rilevazioni, grazie agli 11 strumenti scientifici montati sull’orbiter dell’Esa (di cui quattro a guida italiana), riservati alla mappatura del pianeta, e ai cinque gruppi di strumenti della sonda giapponese, che investigheranno la magnetosfera di Mercurio.
Lo scopo è quello di studiare più a fondo le caratteristiche dei pianeti che orbitano a distanza molto ravvicinata dalla propria stella, una classe di cui Mercurio rappresenta l’unico esempio all’interno del Sistema solare. Bepicolombo cercherà quindi di caratterizzare la forma e la struttura interna del pianeta, la sua composizione e la sua geologia; fornirà un modello 3D della superficie; esaminerà la sua atmosfera (o meglio esosfera, visto che è composta di gas estremamente rarefatti, come quelli si trovano nell’atmosfera terrestre a quota superiore ai 500 chilometri dalla superficie); studierà la magnetosfera, l’origine del campo magnetico del pianeta, e la composizione e l’origine dei suoi depositi polari.
Le immagini della Terra riprese dalla sonda BepiColombo
Il lungo viaggio di Bepicolombo
Anche prima di raggiungere Mercurio, comunque, Bepicolombo ha già un bel da fare. Il viaggio verso il pianeta più interno del Sistema solare non è infatti semplice: per entrare in orbita una sonda deve perdere moltissima energia e vedersela con la gravità del Sole, che rende difficile mantenere un’orbita stabile.
Non a caso, Bepicolombo prende il nome dall’uomo che ha inventato la tecnica utilizzata sia dalla Nasa, sia nella nuova missione Esa/Jaxa, per raggiungere Mercurio: il matematico italiano Giuseppe “Bepi” Colombo, che intuì che è possibile sfruttare la gravità di Venere per mettere una sonda su una traiettoria che lo porterà ad incontrare più volte l’orbita di Mercurio, e che si possono utilizzare poi questi incontri per rallentarla il tanto che basta per entrare in orbita attorno al pianeta con i propulsori della nave.
Tutto merito dell’effetto chiamato “fionda gravitazionale”, che permette di sfruttare la gravità di un pianeta per accelerare, decelerare o modificare l’orbita di una sonda durante un flyby, ovvero un passaggio ravvicinato. Attualmente (a questo link è possibile osservare in tempo reale il viaggio della sonda), Bepicolombo ha già effettuato tre di questi flyby: il primo della Terra ad aprile dello scorso anno, per deviare in direzione di Venere, e poi due di Venere, a ottobre dello scorso anno e ad agosto di questo, per avvicinarsi all’orbita di Mercurio. Arrivati a questo punto, dal prossimo primo ottobre inizierà una serie di sei flyby successivi di Mercurio, che la porteranno a rallentare ed entrare in un’orbita ravvicinata a quella del pianeta. Al termine delle operazioni, la sonda sarà catturata dalla debole gravità di Mercurio, e sarà in grado di entrare in un’orbita stabile attorno al pianeta per iniziare le sue rilevazioni scientifiche.
Via: Wired.it