Blatte e scarafaggi, equilibristi in fuga

Un momento ci sono, e quello dopo sono scomparsi alla vista, come svaniti nel nulla. Gli scarafaggi sono bravi a darsela a gambe, e ora un gruppo di ricercatori dell’Università della California – Berkeley, coordinati da Robert Full, ha descritto su PLoS One il segreto della loro tecnica: grandi doti da equilibrista.

I ricercatori hanno ripreso alcune blatte (Periplaneta americana): le hanno ossservate correre lungo una rampa, arrivare fino in cima a tutta velocità e improvvisamente scomparire, come fossero precipitate. Studiando al rallentatore i filmati, con riprese effettuate da diverse angolature, gli studiosi hanno scoperto che gli insetti non saltavano nel vuoto per sfuggire al pericolo, piuttosto, come piccoli ninja, continuavano a correre sul retro della rampa, a testa in giù. A permettere questa acrobazia sono i piccoli peli che ricoprono le loro zampe. Le blatte, infatti, li usavano come unghie per aggrapparsi alla cima della rampa, compiere un movimento a pendolo di 180° per poi ritrovarsi a testa in giù, pronti a correre nella direzione dalla quale erano arrivati, ma ormai invisibili a ogni ipotetico nemico. Secondo gli studiosi, gli insetti fanno esattamente la stessa cosa quando scappano in natura e trovano lungo la loro strada un’interruzione o una buca.

Questo comportamento, però, non sembra essere unico degli scarafaggi. Full e il suo team di ricerca hanno infatti scoperto un comportamento simile anche in altri animali: alcune lucertole e alcuni gechi delle foreste vicino Singapore (vedi video). I ricercatori stanno studiando questi sistemi di locomozione di insetti e piccoli animali per mettere a punto robot in grado di muoversi agilmente su diverse superfici e superare vari tipi di ostacoli, in modo da raggiungere luoghi inaccessibili per l’essere umano, per esempio aree disastrate, colpite da catastrofi naturali come terremoti.

“Oggi molti robot sono bravi a correre, e alcuni lo sono ad arrampicarsi; ma pochi riescono a fare bene entrambe le cose o a passare facilmente da un comportamento all’altro”, ha spiegato Jean-Michel Mongeau, studente di bioingegneria a Berkeley e primo autore dello studio. “Questa è ora la vera sfida della robotica”.

Riferimenti: PlOS One doi:10.1371/journal.pone.0038003

Credit immagine a PolyPEDAL Lab, UC Berkeley

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