“Fegato grasso” nei bambini: svelato il meccanismo

    Colpisce il 15 per cento dei bambini italiani, portando potenzialmente verso danni metabolici caratterizzati da aumento della circonferenza addominale, ipertensione, insulino-resistenza, ipercolesterolemia e aumentando il rischio di sviluppare diabete mellito di tipo 2, sindrome metabolica o malattie cardiovascolari. È la steatosi epatica non alcolica (Nafld) cosiddetta anche “fegato grasso”, la cui diffusione ha ormai raggiunto i livelli di una vera e propria epidemia nei Paesi Occidentali.

    Ma ora, grazie a uno studio condotto da Valerio Nobili dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù e Guido Carpino dell’Università degli studi di Roma “Foro Italico” di Roma, e coordinato da Eugenio Gaudio, Ordinario di Anatomia Umana e Preside della facoltà di Farmacia e Medicina di Sapienza – Università di Roma, se ne conosce il meccanismo cellulare alla base, potenziale target per future terapie.

    “Ad oggi – spiega Valerio Nobili – appena un bambino su dieci riesce, con l’aiuto della famiglia, grazie a un’alimentazione sana e all’intensa attività fisica, a porre un freno al meccanismo che lo condurrebbe alla cirrosi epatica. I meccanismi cellulari alla base della progressione della NAFLD sono, ad oggi, poco conosciuti e oggetto di numerose ricerche”

    Nel fegato umano sono presenti cellule staminali residenti che prendono parte ai processi rigenerativi in seguito a danno. E proprio sul ruolo delle cellule staminali epatiche si è concentrato lo studio italiano, pubblicato su Hepatology, dimostrando che esse influenzano la progressione della malattia. La ricerca inoltre ha mostrato che le cellule del fegato sono in grado di secernere mediatori cellulari (citochine ed adipochine)  che hanno il medesimo effetto. I recettori di queste molecole sono già oggi bersaglio dei farmaci contro il diabete e forse potrebbero ricoprire il medesimo ruolo anche in quest’altra battaglia. 

    “Invertire il processo degenerativo di un fegato compromesso dall’eccesso di grasso o dalle infiammazioni ad esso conseguenti è lungo e complicato”, prosegue Nobili. “I risultati dello studio condotto, però,  ci indicano la strada per arrestare con principi attivi, peraltro già disponibili, quei fenomeni che portano all’istaurarsi del danno epatico e alla sua progressione nel fegato dei bambini affetti da NAFLD con un miglioramento di molte delle funzioni metaboliche alterate”. 

    “I risultati della nostra ricerca aprono la possibilità di sviluppare nuovi e mirati approcci terapeutici che abbiano come target la modulazione dell’attività delle cellule staminali epatiche “, conclude Gaudio.

    Riferimenti: Valerio Nobili, Guido Carpino, Anna Alisi, Antonio Franchitto, Gianfranco Alpini, Rita De Vito, Paolo Onori, Domenico Alvaro, Eugenio Gaudio. Hepatic progenitor cells activation, fibrosis and adipokines production in pediatric nonalcoholic fatty liver disease; DOI: 10.1002/hep.25742

    Se avete ricerche e studi da segnalare alla redazione per la rubrica “Ricerca d’Italia” scrivete a redazione@galileonet.it

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