Brutte notizie, cattiva comunicazione

Che tipo di informazioni riceve dall’oncologo una persona con un tumore in fase avanzata? Secondo uno studio appena pubblicato sul British Medical Journal, eseguito da ricercatori dell’Università di Bristol (Gb) in collaborazione con diversi ospedali, due pazienti su tre ottengono informazioni limitate e confuse, o non ne ricevono affatto.

In modo completamente anonimo, la ricerca ha seguito 37 persone malate di tre diversi tipi di cancro (a pancreas, colon e polmone), dal primo consulto con l’oncologo fino alla decisione di sottoporsi o meno al trattamento. Quando il tumore è avanzato, infatti, questo tipo di terapia ha modesti benefici.

La maggioranza dei pazienti, 26 su 37, ha ricevuto informazioni molto vaghe sulla chemioterapia palliativa e sull’aspettativa di vita. In molti casi non è stata addirittura fornita alcuna indicazione, mentre solo sei persone sono state poste davanti a statistiche e dati. Secondo gli autori dello studio, gli oncologi che svolgono i colloqui sono preoccupati per la reazione dei malati alle cattive notizie: parlare dei numeri sfavorevoli legati alla terapia potrebbe incrinare il rapporto tra medico e paziente, e infrangere le speranze. Evitare questi dettagli, d’altra parte, ostacola la completezza dell’informazione su cui si dovrebbe basare per decidere se sottoporsi a un trattamento.

Ciò che emerge dallo studio sono la scarsità di informazioni che ricevono i pazienti e l’importanza di una corretta comunicazione tra oncologo e malato. Inoltre, come suggeriscono Daniel Munday e Jane Maher, che hanno firmato l’editoriale che accompagna lo studio, è necessario formare i medici sulla comunicazione delle “cattive notizie”. In questo modo l’oncologo potrà descrivere tutti i benefici e i limiti della chemioterapia palliativa in modo sensibile e rispettoso. E il paziente potrà decidere in modo più consapevole come affrontare la propria malattia. (f.s.)

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