Caccia baleniera: sfida finale nel Pacifico

    “Zero tolerance, zero cruelty, zero kills” è il nuovo grido di battaglia dei pirati della Sea Shepherd, da anni impegnati in spericolate operazioni di disturbo delle navi baleniere giapponesi. Dopo il buon risultato della scorsa stagione (2011-2012), finita in anticipo per il Giappone e con un bottino fortemente ridotto – “solo” 267 balene su 900 catture autorizzate – gli animalisti alzano il tiro: quest’anno nessun cetaceo dovrà cadere sotto gli arpioni del Sol Levante.

    Dal 1987, anno in cui è entrato in vigore il divieto di caccia alle balene, il Giappone rivendica il diritto di catturare cetacei“per scopi scientifici”, ottenendo quote di caccia nonostante le perplessità di molti scienziati e le prove ormai evidenti che lo studio della biologia marina è un mero pretesto per rifornire il lucroso mercato della carne di balena, considerata una prelibatezza e venduta a peso d’oro in Giappone

    Quest’anno, per la prima volta, la Sea Shephered – forte di quattro navi, tre droni, un elicottero e 120 membri d’equipaggio -affronterà le navi baleniere appena salpate, nel Pacifico meridionale, per poterle tenere lontane dal Santuario delle balene nell’Oceano Antartico. A guidare le operazioni, dal rifugio segreto in cui vive da quando lo scorso luglio si è reso latitante per evitare l’estradizione in Giappone, il sessantenne capitano Paul Watson, fondatore della Sea Shepherd. In avanscoperta va la Brigitte Bardot, un trimarano di 35 metri che dovrà intercettare la Nisshin Maru, l’ammiraglia della flotta giapponese che ospita le carcasse degli animali catturati. Pronte a intervenire, la Bob Barker, una vecchia baleniera di 52 metri riconvertita alla causa animalista, la Steve Irwin, un peschereccio di 53 metri che solca i mari alla velocità di 16 nodi, e una quarta, segretissima imbarcazione donata alla Sea Shepherd dal produttore dei “Simpson” Sam Simon.

    Comunque vada nel Pacifico , quella sul mare non è l’unica battaglia in cui dovranno impegnarsi I giapponesi in difesa degli interessi balenieri. Pochi giorni fa anche la Nuova Zelanda, che finora aveva sostenuto la via diplomatica per convincere il Sol Levante a rinunciare all’attività baleniera, è formalmente scesa in campo accanto all’Australia, che già nel 2010 si era rivolta alla Corte Internazionale dell’Aia accusando il Giappone di praticare la caccia commerciale in violazione del trattato internazionale. Stretta tra due fronti, la lobby baleniera nipponica potrebbe avere i giorni contati.

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