La ricombinazione del materiale genetico è il processo alla base della diversità degli organismi. Nuove “configurazioni” nascono infatti dal “rimescolamento” del Dna che avviene nella formazione di ovuli e spermatozoi: si stratta di uno dei meccanismi che permettono alle specie di adattarsi ed evolvere in un ambiente in continuo cambiamento. Negli esseri umani, il tasso di ricombinazione varia da individuo a individuo, ma finora il motivo di queste variazioni e l’esatto meccanismo alla loro base non erano ben compresi.
A fornire una spiegazione arriva ora uno studio pubblicato su Science Express: parte fondamentale di questo processo sarebbero due varianti di un gene. La scoperta è di un gruppo di ricercatori islandesi dell’istituto di genetica della farmaceutica deCode, guidati da Augustine Kong e Kari Stefansson. Il gene in questione è Rnf212 (omologo del gene Zhp-3 che sembra svolgere la stessa funzione in altri organismi), si trova sul cromosoma 4p16, e le due varianti differiscono per una sola lettera (Snp, Single Nucleotide Polymorphism).
Analizzando oltre 300mila polimorfismi in un campione di circa 20mila volontari, gli scienziati islandesi hanno scoperto un’insolita caratteristica: le due varianti di Rnf212 producono infatti un effetto opposto nei maschi e nelle femmine: la variante che aumenta il tasso di ricombinazione del Dna negli uomini, lo abbassa nelle donne, e viceversa. Secondo i ricercatori, questo meccanismo consentirebbe di mantenere entro certi limiti il tasso di ricombinazione. (s.m.)
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