Cancro al seno: positivo l’effetto Angelina Jolie

L’esempio di un personaggio famoso spesso può essere più efficace dei consigli di un esperto. Un esempio recente è quello di Angelina Jolie: l’anno scorso scoprì di essere portatrice di un gene che aumenta sensibilmente il rischio di sviluppare un tumore al seno, e decise di sottoporsi ad una doppia mastectomia preventiva (ossia la rimozione dei seni per ridurre il rischio di sviluppare il cancro). A seguito dell’annuncio, in tutto il mondo si assistette ad un enorme incremento delle richieste di visite specialistiche e test genetici per il tumore al seno. Un’autentica corsa allo screening, prontamente ribattezzata effetto Jolie, ritenuta dagli esperti eccessiva e destinata ad avere vita breve. Un nuovo studio del Genesis Breast Cancer Prevention e del St Mary’s Hospital di Manchester, pubblicato sulle pagine della rivista Breast Cancer Research, dimostra invece come le cose siano esattamente all’opposto.

Le linee guida più attuali raccomandano di sottoporre agli screening genetici solamente le pazienti ad alto rischio, cioè donne che hanno casi di tumore al seno tra le proprie familiari più strette. Per verificare se l’esempio di Angelina Jolie avesse avuto un effetto deleterio, aumentando cioè il numero di richieste di test genetici da parte di donne che non ne avevano bisogno, i ricercatori hanno analizzato tutte le visite effettuate a partire da maggio dello scorso anno (cioè quando Jolie annunciò la sua operazione) in 21 centri specialistici del Regno Unito. Confrontando questi dati con quelli dell’anno precedente, i ricercatori hanno quindi verificato che le richieste di consulto specialistico sono raddoppiate nel periodo in esame, senza che aumentassero però il numero di visite ingiustificate.

“Si temeva che l’aumento delle visite che ha fatto seguito all’annuncio della Jolie potesse essere dovuto principalmente al ritorno prematuro di pazienti in attesa di ripetere lo screening”, spiega Gareth Evans, ricercatore del Genesis Breast Cancer Prevention che ha partecipato allo studio. “Il nostro studio ha dimostrato il contrario: nella maggioranza dei casi si trattava di pazienti che erano in ritardo con i test prescritti”.

L’effetto Jolie inoltre sarebbe durato da giugno fino a ottobre, ben più a lungo quindi di quanto si aspettassero gli esperti. Secondo i ricercatori, l’esempio dell’attrice sarebbe quindi stato positivo, perché avrebbe reso molte donne consapevoli dei rischi legati alla familiarità genetica con il tumore al seno, ricordando loro che esistono strategie di prevenzione in grado di ridurlo. L’effetto Jolie insomma dimostrerebbe come, nonostante le molte campagne di sensibilizzazione organizzate ogni anno, si possa ancora fare di più per aumentare la consapevolezza dei rischi legati al tumore al seno.

Via: Wired.it

Credits immagine: Gage Skidmore/Flickr CC

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