Federico Capasso: “Ecco il futuro dell’elettrone”

capasso elettroni
(Credits: Mario Sermoneta)

Nuovi strumenti per la medicina e il controllo dell’inquinamento, ma anche visioni inattese del comportamento microscopico della materia e teorie innovative: non sono pochi i contributi che lo studio dei fenomeni elettronici può dare alla tecnologia e alla scienza. Dal 28 luglio all’1 agosto, 200 scienziati si incontrano a Modena per parlarne. L’ “International conference on Nonequilibrium carrier dynamics in semiconductors” raggiunge così la sua tredicesima edizione, proseguendo una tradizione di dialogo fra i ricercatori di tutto il mondo che si occupano di elettronica, iniziata proprio a Modena trent’anni fa. Per fare il punto sullo stato dell’arte in questo campo, Galileo ha intervistato Federico Capasso, docente della Harvard University ed ex direttore della Divisione Ricerche Fisiche dei Bell Laboratories.

Professor Capasso, quali sono le teorie fisiche che possono contribuire allo sviluppo dell’elettronica?“

Il quadro teorico nel quale ci muoviamo è quello della Meccanica Quantistica. Ma non bisogna pensare che in questo campo la teoria venga prima delle applicazioni. Anzi, appare chiaro che senza lo sviluppo di nuovi strumenti la scienza non va avanti. Per esempio, uno strumento fondamentale per noi è l’ “epitassia a fascio molecolare”, che consente di far “crescere” dei cristalli artificiali fatti di strati di semiconduttori diversi. Grazie a essa è stato scoperto il “fractional quantum hall effect”, un fenomeno con conseguenze fondamentali per la teoria della materia. In fisica, ci sono teorie che nascono dalla testa dell’uomo, come la relatività di Einstein, ma in molti più casi sono i nuovi strumenti a introdurre nuovi concetti: la radiazione di fondo è stata scoperta nel contesto di una ricerca per diminuire il rumore che disturbava le antenne; i gamma ray burst non sarebbero mai stati osservati senza il satellite astronomico Beppo SAX, e Galileo non ha scritto i “Massimi sistemi” prima di aver costruito il cannocchiale”.

Ha illustrato le ricadute teoriche della sua ricerca. Potrebbe dirci quelle tecnologiche?

“Questo è uno dei campi nel quale è più breve il passo fra scoperta e applicazione. Consideriamo, per esempio, il “laser a cascata quantica”, che ho sviluppato presso il laboratori Bell nel ’94. Questo si avvale dei “pozzi quantici”, cioè di “sandwich” di materiali diversi di dimensioni nanometriche (miliardesimi di metro). Per ottenere un laser è necessario che ci siano degli elettroni che perdono energia emettendo fotoni di luce. Disponendo più pozzi quantici in cascata siamo riusciti a “riciclare” gli elettroni, producendo un laser di alta potenza. Oggi questo laser funziona a temperatura ambiente e in un’ampia gamma di frequenze. Ed è commercializzato. Le sue applicazioni vanno dal controllo dell’inquinamento, attraverso l’individuazione di elementi chimici nell’atmosfera, alla diagnostica medica basata sull’analisi del respiro, alla rivelazione di armi chimiche”.

Quali saranno le ricerche che daranno le applicazioni più promettenti in futuro?

“Costruendo dispositivi di dimensioni molto piccole, è possibile produrre sistemi “fuori dall’equilibrio”, nei quali gli elettroni hanno dei “velocity shoot”, ovvero acquistano velocità molto alte. Queste potrebbero essere sfruttate per produrre apparecchi più rapidi. Un altro campo di studio è la “spintronica”, legata alle proprietà magnetiche degli elettroni, che potrebbe avere importanti ricadute per le memorie e i dispositivi ottici. C’è, poi, la possibilità di costruire sorgenti di luce “non classiche”, che non emettono un fascio di fotoni tutti insieme, ma un fotone dopo l’altro, a intervalli di tempo regolari. Queste potrebbero essere utilizzate per avere comunicazioni più sicure e per la crittografia. Infine, c’è l’elettronica molecolare. La “curva di Moore”, che dice come si rimpiccioliscono le dimensioni dei chip di anno in anno, arriverà intorno al 2010-2012 alla saturazione, quando i chip di silicio non potranno essere ulteriormente miniaturizzati. Allora si porrà il problema del materiale col quale rimpiazzare il silicio. Il carbonio, nella forma di nanotubi, è uno dei principali candidati. Ma sono molto interessanti anche gli studi di trasporto di elettroni su molecole organiche”.

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