Due detenuti su tre sono malati, mentre la metà è inconsapevole della patologia di cui è affetto. Sono questi alcuni dei dati più preoccupanti emersi ieri a Roma, durante il congresso della Società italiana di medicina penitenziaria (Simspe) e della Società per le malattie infettive. È urgente, quindi, la necessità che “i Lea vengano applicati subito anche nelle carceri”, dicono gli oltre 200 esperti durante l’incontro, chiedendo così un nuovo approccio per la salute nei penitenziari. I Livelli essenziali di assistenza (Lea), ovvero i servizi che il Servizio sanitario nazionale è tenuto a fornire a tutti i cittadini, entreranno così nelle carceri. “È un punto di svolta perché fino a oggi la sanità penitenziaria è stata attendista, mentre l’obiettivo oggi è di farla diventare proattiva, con una presa in carico di tutte le persone che vengono detenute”, spiega Sergio Babudieri, direttore delle malattie infettive dell’Università degli Studi di Sassari e direttore scientifico di Simspe.
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