La carne in provetta è sempre più simile all’originale

carne in provetta

La maggior parte di chi mangia carne non è ancora pronto a sostituire la bistecca tradizionale con una prodotta in laboratorio. Ma in futuro anche gli scettici potrebbero ricredersi: la carne in provetta ormai è sempre più simile all’originale. Almeno quella prodotta da un laboratorio della School of Engineering and Applied Sciences (SEAS) di Harvard: i ricercatori hanno realizzato un’impalcatura di gelatina commestibile che riproduce le stesse texture e consistenza della carne vera. Secondo gli autori dello studio pubblicato su Nature Science of Food, questo potrebbe essere il punto di partenza per produrre carni con strutture, gusti e profili nutrizionali definiti, senza passare dagli allevamenti tradizionali. E così realistiche che quando finalmente arriveranno sulle nostre tavole potremmo quasi non sentire la differenza.

La lunga marcia verso la carne in provetta

Sono passati 6 anni dal primo hamburger artificiale, realizzato nel 2013 dallo scienziato olandese Mark Post. Prodotto a partire da cellule staminali di manzo, non era certo un pasto per tutte le tasche: per fabbricare 160 grammi di carne in provetta si erano spesi ben 250.000 euro. Ma la sfida per produrre carne artificiale salutare, ecologica ed economica era stata lanciata. E in molti la reputano una missione essenziale, a fronte di un aumento della popolazione mondiale che porterà a un inevitabile innalzamento della domanda globale di carne. La FAO ha stimato che il consumo di carne nel mondo aumenterà del 73% entro il 2050: a preoccupare è soprattutto l’impatto ambientale, come le emissioni di gas serra (il 20% arriva dagli allevamenti intensivi) e lo sfruttamento del suolo per produrre mangimi. E naturalmente anche la sofferenza animale.  

Un’alternativa sostenibile?

La carne artificiale rappresenta una possibile alternativa a tutto questo, benché sulla sua effettiva sostenibilità ci siano ancora dei dubbi. Una produzione su larga scala genererebbe quasi inevitabilmente grandi quantità di CO2 e i costi per il momento restano poco competitivi. Mark Post comunque non è stato l’unico a cimentarsi nell’impresa, e in pochi anni la ricerca sulla carne coltivata in laboratorio ha fatto passi da gigante. Dall’abbattimento dei costi di produzione (oggi qualche decina o centinaia di euro) allo sviluppo di nuovi formati e al miglioramento di aspetti fondamentali per i consumatori, come gusto ed estetica.

Riprodurre la consistenza

Ma c’è un altro aspetto della carne a cui nessun intenditore saprebbe rinunciare, ed è la sua consistenza. È inconfondibile e deriva dal modo in cui le cellule dei muscoli scheletrici crescono organizzandosi in fibre lunghe e sottili. Una bistecca dalla consistenza “sbagliata” non aiuterebbe certo i puristi della carne a superare l’iniziale e comprensibile ritrosia. È questa una delle sfide più grandi per chi vuole realizzare carne sintetica a partire da cellule staminali. Anzitutto, le cellule da sole non bastano: bisogna fare in modo che abbiano qualcosa su cui crescere in adesione, come un’impalcatura, che ovviamente deve essere a sua volta commestibile.

Un successo, ma c’è ancora da lavorare

Il gruppo di ricerca di Harvard coordinato da Kit Parker si è ispirato alla medicina rigenerativa: una branca in cui la ricostruzione di organi o tessuti danneggiati richiede la costruzione di impalcature biocompatibili. Adottando lo stesso principio, i ricercatori hanno realizzato una base composta da nano-fibre di gelatina, allo scopo di ricreare in vitro la struttura della matrice extracellulare del tessuto muscolare. Una struttura composta non da cellule, ma da una rete di proteine, come il collagene o l’acido ialuronico, che contribuiscono alla texture della carne che mangiamo. Aderendo all’impalcatura, cellule di mucca e di coniglio sono cresciute in laboratorio formando le stesse fibre lunghe e sottili caratteristiche della carne vera. E se avessimo provato a tagliarla o masticarla – assicurano gli esperti di Harvard – questa nuova carne in provetta non sarebbe stata così diversa dall’originale.

Per mezzo di test meccanici, infatti, i ricercatori hanno confermato che la texture della loro carne artificiale era paragonabile a quella dei prodotti tradizionali. Nessuna differenza quindi? Non proprio. La carne naturale contiene comunque più fibre muscolari, poiché le cellule che la compongono sono più mature. E per replicare qualcosa di simile, dichiarano gli autori, c’è ancora molta strada da fare, a cominciare dalla selezione di mezzi di coltura e linee cellulari ideali. Ma considerati i progressi raggiunti in pochissimi anni potremmo esserci vicini.

Riferimenti: Science of Food

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