Caro Calderoli, siamo tutti un po’ orango

“Amo gli animali, orsi e lupi, com’è noto. Ma quando vedo le immagini della Kyenge non posso non pensare, anche se non dico che lo sia, alle sembianze di un orango”. Parole del vicepresidente del Senato, Roberto Calderoli, riferite al Ministro dell’Integrazione Cècile Kyenge, che hanno scatenato, com’era comprensibile, una serie di reazioni indignate da parte delle istituzioni e della Rete. Hai voglia a dire “non dico che lo sia” e a scusarsi (i due si sono sentiti telefonicamente per chiarire l’accaduto, liquidato da Calderoli come “una battuta”): il sottotesto triviale e razzista della sortita resta ancora lì. Non fosse altro, e questo Calderoli dovrebbe saperlo, che scimmie lo siamo effettivamente un po’ tutti.

Cosa dice la scienza in proposito? Forse è il caso di fare un breve ripasso per l’onorevole Calderoli. Già nell’Origine delle specie di Darwin, pubblicata per la prima volta nel 1859, il naturalista inglese spiegava i concetti di evoluzione selezione naturale, sottolineando come gli esseri umani fossero il risultato di un processo evolutivo e non una creazione concepita da Dio. Nello specifico – come tutti sanno – l’essere umano discende dalla scimmia. E allora, ma si parla di quasi un secolo e mezzo fa, scoprire che fossimo imparentati con una specie animale non fu accettato facilmente dall’opinione pubblica. Eppure le cose stanno proprio così, come ci hanno ampiamente rivelato le evidenze fossili e decenni di studi paleoantropologici. Suonano particolarmente profetiche, e potrebbero essere ancora oggi un’ottima risposta alle frasi di Calderoli, le parole di uno dei principali sostenitori di Darwin,Thomas Henry Huxley: “Non troverei niente di disonorevole nel fatto di discendere da una scimmia, se questo ha aiutato l’uomo a diventare intelligente”. 

Ma, evoluzione a parte, quanto siamo effettivamente simili alle scimmie? Ce lo spiega Guido Barbujani, presidente dell’Associazione Genetica Italiana: “L’essere umano e l’orango hanno il 95% del patrimonio genetico in comune. E naturalmente non c’è alcun motivo di credere che la Kyenge abbia più somiglianza di Calderoli con gli oranghi”. Naturalmente, ma non si sa mai. Tra l’altro, se proprio si volesse fare un accostamento, l’esempio scelto da Calderoli non sarebbe nemmeno esatto. Dei tre grandi gruppi di scimmie antropomorfe (scimpanzègorilla e orango, ai quali si aggiunge il sottogruppo dei bonobo) quelli cui assomigliamo di più (e nel noi rientra lo stesso Calderoli), infatti, sono gli scimpanzé. “Gli orango sono la specie meno antropomorfa delle quattro, perché appartengono al ceppo asiatico. L’essere umano, come i bonobo, gli scimpanzè e i gorilla, appartiene al ceppo africano. L’affinità genetica con gli scimpanzè si attesta al 98,5%”. Non male, considerando che due esemplari diversi di Homo sapiens – un maschio caucasico e una donna afroamericana, tanto per fare un esempio – condividono circa il 99,9% del genoma. 

“Tra l’altro”, conclude Barbujanni, “non assomigliamo solo alle scimmie. Condividiamo più o meno pezzi di codice genetico con tutte le specie viventi. Perché molte delle proteine codificate dai geni sono necessarie a un umano, come a un animale come a una pianta”. Dunque, caro Calderoli, sarebbe stato più o meno ugualmente legittimo dire che la Kyenge le fa un po’ pensare a un carciofo. Ma, non se ne abbia a male, il discorso vale anche per lei.

Via: Wired.it

Credits immagine: onkel_wart (thomas lieser)/Flickr

3 Commenti

  1. Tra l’altro, potremmo dire che noi bianchi abbiamo qualche carattere scimmiesco in più dei neri: come le scimmie abbiamo peli diritti e abbondanti, (più ricci e scarsi nei neri) e le labbra sottili (carnose nei neri).

  2. Se dobbiamo pagare profumatamente lo stipendio a un ministro che fa più gli interessi del terzo mondo che non degli italiani, possiamo pagarlo anche a calderoli, almeno quest’ultimo qualche volta fa ridere, l’altra fa solo piangere.

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