Categorie: Ambiente

C’è acqua dolce in fondo al mare

C’è acqua sotto l’acqua. Non è una tautologia, ma il risultato di un lavoro pubblicato su Nature: gli scienziati hanno scoperto enormi riserve di acqua dolce “sepolta” sotto il letto degli oceani, a chilometri di profondità. Riserve che, se sfruttate opportunamente, secondo gli autori del lavoro potrebbero essere convertite in acqua potabile e servire le città costiere. L’acqua è stata localizzata al largo di Australia, Cina, Nord America e Sudafrica, ma i ricercatori sono sicuri che si trovino riserve analoghe anche sotto il fondo marino di altre piattaforme continentali, in tutto il mondo. “Il volume delle riserve”, commenta Vincent Post, del National Centre for Groundwater Research, “è di un milione di chilometri cubi circa, cento volte maggiore rispetto a quello che abbiamo estratto dalla superficie terrestre nell’ultimo secolo”.

Racconta ancora Post che la comunità scientifica, in realtà, era già al corrente dell’esistenza di acqua dolce sotto il fondo marino, ma pensava si potesse trovare solo dove si fossero verificate condizioni particolari e molto rare. In realtà, invece, si tratta di un fenomeno molto più comune: “Queste riserve si sono formate nel corso delle ultime centinaia di migliaia di anni, quando in media il livello del mare era molto più basso di quanto non sia ora, e quindi la costa era più lontana. Con le piogge, l’acqua si infiltrava nel suolo”. Poi, con l’aumento del livello del mare a causa dello scioglimento delle calotte di ghiaccio – circa 20.000 anni fa – queste aree sono state coperte dagli oceani. Ma l’acqua è rimasta dolce perché “protetta” da quella marina da diversi strati di argilla e sedimenti. 

Le falde acquifere appena scoperte sono simili a quelle che si trovano sottoterra e, secondo Post, il loro grado di salinità è abbastanza basso da renderle adatte alla conversione in acqua potabile: “Ci sono due modi per accedervi. Costruire una piattaforma nel mare e trivellare il fondale o scavare dalla terraferma o dalle isole vicine alle falde”. Purché si sfruttino le risorse in modo sostenibile, per evitare di contaminare l’acqua o di esaurirla troppo presto, dato che non si tratta di un pozzo senza fondo: “Dobbiamo usarla con attenzione. Una volta finita, non se ne depositerà dell’altra”, conclude Post, “almeno finché il livello del mare non tornerà a scendere”. Cosa che non succederà per parecchio tempo.

Riferimenti: Nature doi:10.1038/nature12858

Credits immagine: peasap/Flickr

Sandro Iannaccone

Giornalista a Galileo, Giornale di Scienza dal 2012. È laureato in fisica teorica e collabora con le testate La Repubblica, Wired, L’Espresso, D-La Repubblica.

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