Cellule staminali in Italia, quali rischi senza regole

“Sospettiamo che in Italia la deregolamentazione sulle cellule staminali possa aver prodotto situazioni analoghe a quelle di Stamina”. A parlare così, durante l’audizione alla commissione Igiene e Sanità del Senato che sta svolgendo l’indagine parlamentare sul caso Vannoni, era stato il direttore generale dell’Aifa Luca Pani. Di situazioni analoghe a quella Stamina avevano parlato anche comandante dei Nas, Cosimo Piccinno ed Elena Cattaneo, che ha riferito di una giovane ragazza in cerca di speranze di cura da alcune staminali giapponesi per riparare la perdita del nervo ottico in seguito alla meningite. Questo è quel che sta già accadendo, ma quali sono i rischi per la ricerca, il sistema sanitario e i pazienti prima di tutto, di una “deregolamentazione” sulle cellule staminali? E prima ancora, cosa si intende per deregolamentazione sulle cellule staminali?

“In Italia abbiamo assistito a un tentativo di deregolamentazione sulle staminali che avrebbe scardinato l’intero sistema di funzionamento del metodo scientifico”, commenta a Wired Michele De Luca, direttore del Centro di medicina rigenerativa dell’università di Modena e Reggio Emilia. Il tentativo cui si riferisce De Luca è l’approvazione in Senato dell’emendamento 2-bis al Decreto Balduzzi, con cui si è cercato di togliere il controllo delle terapie avanzate a base di colture cellulari dall’Aifa, e trasferirlo al Centro nazionali trapianti. Un tentativo quindi bloccato dalla Camera (con la decisione di avviare una sperimentazione sotto competenza anche dell’Aifa), e che avrebbe scardinato i progressi della medicina negli ultimi cento anni e il funzionamento del metodo scientifico. Perché?

“Al momento la direttiva europea 1394/2007 equipara le terapie avanzate a base di preparati cellulari ai farmaci”, continua De Luca: “Anche questa è una legge perfettibile, ma è al momento è la più giusta per assicurare che quel che viene offerto ai pazienti sotto forma di terapie sia sicuro ed efficace”. Equiparare le terapie cellulari ai farmaci significa che per le prime, come per i secondi, si dimostri il razionale scientifico d’impiego prima attraverso la ricerca di base, poi che si ottengano indizi di efficacia e sicurezza nei modelli animali e quindi che vengano avviate sperimentazioni cliniche di fase 1, 2 e 3 nell’uomo. “Solo così è infatti possibile dimostrare che il farmaco o la terapia cellulare che vogliamo utilizzare siano sicuri ed efficaci. Solo attraverso un metodo scientifico che operi in questo modo è stato possibile nell’ultimo secolo far passare l’aspettativa di vita dai 40-50 anni ai più di 80 di oggi”. Al contrario, tentare di far passare i trattamenti con staminali come trapianti significa non doverne dimostrare le prove di efficacia, significa aderire a regole meno ferree. “Chi propone una deregolamentazione delle terapie cellulari, chi combatte la legge 1394 lo fa o per interessi economici o perché sa che quel che propone non funziona, tirandosi indietro dalle prove di efficacia richieste per i farmaci”, continua De Luca, “E mantenere il metodo scientifico in questo senso garantisce invece che quel che usiamo, siano farmaci o terapie cellulari, siano sicuri ed efficaci”.

Ma in tutta la storia del metodo Stamina anche le contraddittorie ordinanze dei giudici, autorizzando un trattamento privo di basi scientifiche – hanno avuto il loro ruolo. Per De Luca, un caso dovuto alla famosa legge Turco-Fazio che evidentemente dà adito a interpretazioni contrastanti, soprattutto per quanto riguarda i riferimenti alle cure compassionevoli, più precisamente regolate da altra legge del 2003. Perché anche per la richiesta di cure compassionevoli si deve essere in possesso di specifici requisiti e certificazioni in cui invece Stamina ha mancato.

Il tentativo di deregolamentare le terapie avanzate è rischioso anche per Luca Pani, direttore generale dell’Aifa, per due motivi principali, come ci ha raccontato. In primo luogo in questo modo diminuirebbe la fiducia nelle agenzie regolatorie e nel potenziale stesso delle cellule staminali: “Oggi la parola ‘staminale’ è diventato un termine taumaturgico: esistono delle staminali per qualsiasi malattia e condizione, a partire da quelle vegetali pubblicizzate nei prodotti di cosmetica”. Ma pur rimanendo un campo di ricerca promettente questo è per lo più ancora sconosciuto, se si escludono i casi dei trapianti di pelle, midollo e ricostruzione delle cornee danneggiate. Tutte le altre rivendicazioni sul potenziale delle staminali, precisa Pani, in particolare su quelle che promettono di curare decine di malattie diverse tra loro (vedi Stamina), sono da ancora dimostrare.

Il secondo pericolo di una deregolamentazione delle cellule staminali è il rischio che la medicina e la cura del paziente diventino un far west, come lo chiama il direttore dell’Aifa “Partire dal presupposto che il corpo è mio e ne faccio ciò che voglio significa tornare indietro nel tempo, a quando ancora non esistevano le sperimentazioni, non c’erano gli studi controllati. Siamo di fronte al pericolo che ognuno facendo per sé si dia delle regole da sè”. In questo modo anche il controllo a garanzia della sicurezza dei cittadini e della disperazione delle famiglie di fronte alle malattie verrebbe meno.

Infine, abbiamo chiesto a Pani se il caso Stamina possa significare qualcosa per chi ci guarda anche dall’estero, ovvero se l’Italia rischi di diventare mercato fertile per venditori di staminali e con queste speranze. “No, credo di no”, ci ha risposto il direttore generale dell’Aifa. Anche se, ha aggiunto “il fatto che l’Italia abbia ancora un sistema sanitario solidale potrebbe renderlo un Paese ‘interessante’ per questi tentativi di terapie, pagate da strutture pubbliche”.

Terapie che nel caso Stamina, lo ricordiamo, sarebbero costate, conti alla mano, miliardi di euro al nostro sistema sanitario.

Via: Wired.it

Credits immagine: andy castro/Flickr

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