Svelato il segreto del cemento usato dagli Antichi Romani

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(Credit: J. P. Oleson)

Ceneri vulcaniche, calce viva e acqua di mare. Sarebbero questi gli ingredienti ad aver permesso al cemento utilizzato dagli Antichi romani di sopravvivere in salute per oltre duemila anni. Una ricerca, pubblicata su American Mineralogist, fa luce su queste antiche tecniche di costruzione e mostra come potrebbero essere utilizzate per migliorare i cementi odierni e renderli meno dannosi dal punto di vista dell’ambiente. Alcune fabbriche che producono cemento richiedono infatti la presenza di grandi fornaci, che rilasciano gas serra nell’atmosfera.

Utilizzando i raggi X per studiare campioni provenienti da un antico molo e da un argine romani (a Orbetello, in Toscana), i ricercatori del Berkeley National Laboratory hanno potuto osservare il cemento a livello microscopico, rilevando la presenza di cristalli di tobermorite di alluminio, un minerale estremamente difficile da formare, soprattutto a temperatura ambiente, e in grado di rinforzare il cemento nel tempo. Sarebbe proprio l’interazione dell’acqua di mare con le ceneri e la calce viva a dare origine ad una reazione pozzolanica, così chiamata in onore di Pozzuoli, in Campania, e a formare la tobermorite di alluminio, che aggiunge coesione nella struttura del cemento. Questo minerale ha infatti fibre sottili e forma lastre che rendono il composto più resistente e meno suscettibile alla formazione di crepe nel tempo. “Abbiamo mappato le microstrutture che compongono questo cemento,” ha spiegato Marie Jackson, autrice principale dello studio, “In modo da identificare i vari minerali che lo compongono, e le complesse sequenze di cristallizzazione.”

“Diversamente da quello che viene fatto oggi, i Romani lavoravano con un cemento simile alla roccia, che prospera in un ambiente ricco di acqua di mare,” ha continuato Jackson. I cementi moderni, ha aggiunto, sono composti perlopiù da calcare, arenaria, cenere, gesso, ferro e argilla, consistono in una polvere molto più fine, e sono di fatto inerti dal punto di vista chimico (eventuali reazioni chimiche potrebbero infatti dare origine a composti che si espandono e possono fratturare il cemento).

Ma allora, perché non abbiamo continuato a fare il cemento alla romana? C’è solo un problema: la “ricetta” è andata persa, e nonostante i ricercatori abbiano studiato varie testimonianze scritte lasciate dagli Antichi Romani, non sono ancora riusciti ad individuare la giusta combinazione di ingredienti. “I Romani erano fortunati dal punto di vista del tipo di rocce con cui potevano lavorare,” ha sottolineato Jackson, “Nel resto del mondo, queste rocce sono rare o introvabili, e bisogna quindi cercare dei sostituti.”

Riferimenti: American Mineralogist

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