Il cervello dei ballerini si sviluppa in modo unico

Volteggiare sulle punte e fare piroette facendosi guidare dalla musica sviluppa il cervello in modo unico: questo è il risultato di uno studio della Cognitive Brain Research Unit dell’Università di Helsinki, nell’ambito delle neuroscienze applicate alla danza, campo di esplorazione ancora giovane ma in rapida espansione.

La ricerca è stata condotta dalla neuropsicologa Hanna Poikonen, che ha indagato la reattività delle diverse aree cerebrali in un gruppo di danzatori professionisti durante la proiezione di video contenenti performance di ballo. I ballerini sono stati sottoposti sia all’ascolto di musica per un tempo prolungato, sia alla continua variazione di generi musicali.

Lo stesso esperimento è stato condotto poi in due gruppi controllo composti rispettivamente da musicisti e da persone comuni, senza alcuna familiarità con la musica. Per realizzare lo studio, il team di ricerca ha messo a punto una nuova tecnica elettroencefalografica utile quando si investigano le dinamiche della corteccia durante l’osservazione della danza e l’ascolto della musica su una scala temporale lunga.

I risultati mostrano come la pratica del ballo agisca sulle strutture cerebrali e le modifichi in modo estremamente specifico. “Sorprendentemente, il cervello dei ballerini reagisce ai cambiamenti improvvisi della musica più velocemente rispetto a quelli dei musicisti professionisti” afferma Poikonen “e questo meccanismo avviene già a livello inconscio, al pari di un riflesso”. Inoltre i ricercatori hanno osservato che il cervello dei danzatori è maggiormente sincronizzato sulle basse frequenze theta, ovvero quelle implicate nelle emozioni e nei processi di memoria, fondamentali per le relazioni interpersonali e la conoscenza di sé.

Esplorando le interazioni che avvengono su vari livelli nelle aree cerebrali coinvolte quando si danza, lo studio conferma dunque come la corteccia uditiva e motoria dei danzatori professionisti si sviluppi in maniera del tutto unica. I risultati ottenuti e la metodica utilizzata potrebbero essere il punto di partenza per la valutazione dell’efficacia e lo sviluppo futuro di terapie complementari legate alla danza e al movimento nel trattamento di patologie quali il Parkinson, la demenza, l’autismo e i disturbi dell’umore.

Articolo prodotto nell’ambito del Master in Giornalismo e comunicazione istituzionale della scienza dell’Università di Ferrara

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