Ci prepariamo a diventare sempre più viaggiatori spaziali, d’altronde le promesse (e i sogni) per diventare turisti extraterrestri non mancano. Ma oltre alle necessarie preparazioni, sarebbe opportuno conoscere anche quali potrebbero essere gli effetti dei viaggi spaziali sul nostro corpo. Se ossa, muscoli e altre strutture sono studiate da decenni, gli studi sul cervello sono ancora pionieristici. Qualcosa però comincia a muoversi anche qui. Una ricerca, pubblicata su Frontiers in Neural Circuits, evidenzia per esempio che la permanenza nello Spazio provoca cambiamenti microstrutturali in varie parti del cervello. E mostra per la prima volta che le modifiche interessano soprattutto le connessioni neurali delle aree associate al movimento.
Che i voli nello spazio avessero un effetto sull’anatomia del cervello, lo avevano suggerito già altri studi. Ma, per la prima volta, gli scienziati hanno ricostruito anche una mappa tridimensionale dettagliata della sostanza bianca, ossia la rete di fibre nervose che trasmette le informazioni e connette le varie parti del cervello. Lo hanno fatto grazie alla risonanza magnetica eseguita sul cervello di 12 astronauti che hanno trascorso in media sei mesi sulla Stazione spaziale internazionale (Iss). Le scansioni sono avvenute circa tre mesi prima del lancio, dieci giorni dopo il ritorno sulla Terra e poi ancora una volta (in otto astronauti) a sette mesi dall’avventura spaziale. E quello che i ricercatori hanno osservato è molto interessante.
Le condizioni di vita nello Spazio, va da sé, sono diverse da quelle a cui siamo abituati sulla Terra, basti pensare all’assenza di peso dovuta alle condizioni di microgravità. Ma il nostro cervello ha notevoli capacità di adattamento: è quella che chiamiamo neuroplasticità.
Le mappe 3D ottenute dallo studio, infatti, evidenziano una notevole plasticità neuronale in particolare nelle aree sensomotorie della corteccia cerebrale e a livello di cervelletto, che controlla equilibrio e movimenti fini, e di corpo calloso, che collega i due emisferi cerebrali. “In assenza di peso, gli astronauti sono costretti a muoversi in modo molto diverso rispetto alla Terra. E il loro cervello, per così dire, si riprogramma”, ha commentato Andrei Doroshin, coautore dello studio e ricercatore alla Drexel University in Pennsylvania.
Dopo sette mesi di vita terrestre, i cervelli degli astronauti erano tornati quasi come prima della missione spaziale, sebbene alcuni cambiamenti microstrutturali fossero ancora visibili. Ciò suggerisce che vi sia una lenta ma progressiva normalizzazione. Questi primi risultati aprono la strada a nuovi studi sulla funzionalità cerebrale nello spazio, importanti anche per mettere in atto le giuste contromisure in vista di viaggi più lunghi. Come quelli su Marte.
Riferimenti: Frontiers in Neural Circuits, Frontiers Science News
Credits immagini: NASA-Imagery on Pixabay
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