Chi ha paura del nanotech?

Quando decidono di usare un prodotto di nanotecnologia, i consumatori considereranno i rischi, i benefici o entrambi? Per rispondere a questo e a altri interrogativi, Steven Currall e i suoi colleghi dello University College di Londra hanno realizzato il primo studio empirico su larga scala sulla percezione sociale delle nanotecnologie. L’indagine, basata su 503 interviste telefoniche di consumatori statunitensi, ha confrontato la scienza dell’infinitamente piccolo con altre innovazioni hi-tech e analizzato rischi e benefici su particolari applicazioni.

I risultati, riportati sul numero di dicembre di Nature Nanotechnology, mostrano come le nanotecnologie siano viste in modo relativamente neutrale: sono infatti percepite, almeno negli Stati Uniti, come meno rischiose e più utili di altri prodotti, come ad esempio gli Ogm, i pesticidi, i disinfettanti chimici e l’ingegneria genetica. Al tempo stesso, sono considerate più rischiose e meno vantaggiose dell’energia solare, dei vaccini, dell’energia idroelettrica e dei display dei computer.

In una ulteriore indagine web su 4.542 probabili consumatori, i ricercatori hanno poi scoperto che il pubblico non valuta rischi e benefici separatamente: al contrario, l’effetto dei benefici sull’uso delle nanotecnologie è più pronunciato quando i rischi sono più bassi.

Il gruppo di ricerca sostiene l’importanza di questa e di future analisi sociali: gli orientamenti del pubblico, infatti, spesso influenzano l’attività scientifica, come nel caso della ricerca sul nucleare, Ogm, cellule staminali embrionali. Una migliore comunicazione verso consumatori e ‘decision-makers’ è quindi essenziale perché il pubblico possa prendere posizioni consapevoli verso le nanotecnologie. (m.r.)

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