Cina, il “progresso” senza diritti

Liberale in economia ma antidemocratica, super-produttiva ma totalitaria, la Cina del “miracolo economico” cresce vertiginosamente sotto tutti i punti di vista, tranne che nel rispetto dei diritti umani. Le recenti ipotesi di una cancellazione dell’embargo alla vendita di armi alla Cina hanno sollevato molte perplessità su come classificare la potenza cinese. Non ha dubbi l’associazione Reporter senza frontiere che nel volume “Il libro nero della Cina” ha raccolto gli sconvolgenti rapporti di diverse organizzazioni non governative sulla pena di morte, le torture, le discriminazioni, la repressione delle minoranze etniche e religiose, la censura.

Cina, maneggiare con cura

Venti capitoli densi di violazioni dei diritti umani che spingono a guardare oltre il muro dell’ufficialità e all’idea della Cina che le autorità cinesi vogliono esportare. Come suggerisce Piero Ostellino nella presentazione dell’edizione italiana, la Cina è una realtà da “maneggiare con cura”. Per esempio senza farsi accecare dalle possibilità economiche che il mercato cinese rappresenta: la crescita economica dal 1996 al 2005 ha fatto registrare oscillazioni tra i 7 e i 9 punti all’anno; nell’aprile 2004 la produzione industriale è cresciuta del 20 per cento rispetto all’anno precedente. Ma a quale prezzo?

Capitalismo senza libertà

La razionalizzazione della produzione ha causato il licenziamento di milioni di persone, la perdita della tutela scolastica, sanitaria e pensionistica. Anche la privatizzazione dell’agricoltura “ha espulso dal lavoro delle campagne qualcosa come duecento milioni di contadini che si affollano nelle città minacciando di dare vita a quel sottoproletariato urbano che è da sempre la base sociale di ogni rivoluzione”, spiega Ostellino.

Per le autorità cinesi l’unico modo per evitare problemi è il controllo sociale e la limitazione delle libertà. Come quelle che subiscono la stampa e i cybernavigatori, controllati e censurati – come questo libro denuncia – oppure i lavoratori che vengono repressi dalla polizia quando cercano di organizzare proteste o creare sindacati liberi, secondo l’ultimo il rapporto di Amnesty International. Nella classifica dei paesi non liberi riportata nel documento “Freedom in the World” della Freedom House, la Cina occupa uno degli ultimi posti, meno libera di paesi come Algeria, Pakistan, Corea del Nord, Afghanistan, Cuba. Posizione risultato dell’analisi del numero di coloro che vengono giustiziati, quasi 30 mila dall’inizio degli anni Novanta, del trattamento riservato ai profughi provenienti dalla Corea del Nord o ai malati di Aids.

La tortura viene praticata a molti prigionieri – si parla infatti di 292 morti accidentali – contro i dissidenti politici, i monaci tibetani, gli operai immigrati, le persone che infrangono la politica del figlio unico, i cattivi contribuenti. Ora il colosso cinese si prepara a ospitare le Olimpiadi del 2008. Ma l’unico primato che finora le si può attribuire è solo quello della violazione dei diritti umani.

Il libro

Reporter senza frontiere. Il libro nero della Cina, Guerini e associati, 2004, pp. 190, euro 15,50

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