Cnr in Bianco

Il presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche si è arreso. Dopo mesi di contrasti, anche giudiziari, con il ministro Moratti sulla riforma del sistema della ricerca pubblica Lucio Bianco ha presentato le sue dimissioni irrevocabili dalla guida del principale ente scientifico italiano. Una decisione annunciata il 13 maggio scorso ma per certi versi scontata, dato che il 16 maggio il Consiglio dei Ministri dà il via libera definitivo alla riforma di alcuni tra i più importanti istituti scientifici del nostro paese, tra cui proprio il Cnr.Il presidente dimissionario, incontrando i giornalisti nella sua conferenza di addio, ha difeso appassionatamente e in modo circostanziato l’attività del Cnr. Rispondendo punto per punto a chi critica l’ente di essere un “carrozzone” senza qualità, poco efficiente sul piano scientifico e con un personale amministrativo sovradimensionato. Secondo Bianco, invece, pur nella cronica mancanza di fondi, il Cnr raggiungerebbe risultati in linea con gli altri istituti internazionali. Il personale amministrativo poi sarebbe concentrato tutto nella sede di Roma, in modo analogo a quanto accade in altri enti pubblici italiani. L’opposizione di Bianco ai progetti del governo è stata totale e resa nota più volte, anche nelle sedi istituzionali. Lo scienziato ha resistito strenuamente anche quando il 31 gennaio scorso il Miur commissariò l’ente di piazzale Aldo Moro, affidandolo pro tempore al rettore della Luiss, Adriano De Maio. Una decisione che Bianco considerò illegittima e motivata più da contrasti politici e che amministrativi. Il Tar del Lazio, con una sentenza inequivocabile, il 6 marzo gli dette ragione, reintegrandolo nella sua funzione. Ma ora che ha deciso di andarsene in anticipo, si profila di nuovo il commissariamento e De Maio, se sarà scelto ancora lui, tornerà alla guida del Cnr, stavolta legittimamente.Ingegnere elettronico e aerospaziale, Bianco era al Cnr dal 1970. Nominato presidente nell’aprile 1997, era stato riconfermato a maggio 2001, a ridosso della nomina del secondo governo Berlusconi. Ma dietro il braccio di ferro con l’esecutivo, non sembra esserci tanto una logica di schieramento politico quanto lo scontro tra due opposte concezioni della ricerca scientifica. Dalle parole di Bianco, e dalla lettera aperta ai ricercatori italiani, emerge la preoccupazione per il futuro della ricerca pubblica, e in particolare per quella di base. La cui importanza sembra sfuggire a chi pensa che la scienza debba garantire ritorni economici a breve termine, che abbia valore solo quando ha immediate ricadute tecnologiche e produttive. In questo senso, Bianco, che come ingegnere non rappresenta il prototipo dello scienziato poco interessato agli aspetti pratici e applicativi delle sue ricerche, ha parlato più volte di un’idea di scienza come attività umana motivata dalla curiosità di conoscere (curiosity-driven) e non come una ricerca finalizzata a prodotti immediati e strumentali ad altre esigenze. Di una scienza che acquista e dà valore nel medio e lungo periodo.Forse le dimissioni di Bianco possono servire proprio a questo: a far riflettere su una rinnovata “cultura” della ricerca. Di questo gli scienziati dovrebbero tornare ad occuparsi e a discutere, per non subire passivamente scelte e condizionamenti – una volta politici, un’altra economici – che pregiudichino il valore dei loro studi e delle loro attività.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here