Col grano l’India ha meno fame

Con una media di 66 milioni di tonnellate di grano, pari all’11 per cento del totale mondiale, l’India è diventato il secondo produttore al mondo di grano. Si piazza così subito dopo la Cina, che vanta 107 milioni di tonnellate, avendo sorpassato nel 1996 gli Stati Uniti, che ne hanno prodotto 62 milioni. E non solo: il gigante asiatico risulta autosufficiente anche per altre varietà di cereali. Un eccellente risultato per una nazione che doveva ricevere, fino a non molto tempo fa, la gran parte degli aiuti alimentari da tutti i paesi della Terra. Ma, secondo gli esperti del World Watch Institute, c’è più di un motivo per ritenere che questo risultato non durerà a lungo. Nel 1960 la produzione di grano degli Stati Uniti era tripla rispetto a quella indiana. Il gap ha cominciato a restringersi attorno agli anni ‘80, man mano che i contadini indiani espandevano le aree coltivate e mentre gli americani abbandonavano alcuni milioni di ettari di terra per proteggerla dall’erosione. Ora anche l’India potrebbe trovare difficoltà per l’insostenibilità delle proprie pratiche agricole. In alcune delle aree più fertili, come il Punjab, per esempio, i contadini pompano acqua dalle falde più velocemente di quanto vengano riempite naturalmente, causando in questo modo una veloce riduzione delle riserve idriche. Se l’efficienza dell’irrigazione non aumenterà in maniera considerevole, presto gli indiani si troveranno di fronte al dilemma: o ridurre la coltivazione del riso (che richiede molta acqua) oppure rinunciare ai raccolti record di grano.

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