Come si legge il movimento

Il cervello umano ha una disposizione particolare a ricostruire una forma partendo da poche e frammentarie informazioni. Ed è ancora più abile quando la forma è in movimento, soprattutto se si tratta di uomini o animali. E’ sufficiente una decina di punti luminosi posti sulle articolazioni perché un essere umano riesca, al buio, ad avere una immagine precisa del soggetto in movimento: può persino distinguerne il sesso e altri dettagli.

Questa sorprendente performance, di cui siamo capaci a partire da tre-quattro mesi di vita, non sarebbe però opera di un meccanismo statico che chiama in causa di volta in volta sempre gli stessi neuroni, come si è finora ritenuto. La percezione del movimento biologico sarebbe piuttosto opera di una rete neuronale, un sistema dinamico capace di adattarsi al tipo e alla quantità degli stimoli ricevuti. A suggerirlo sono alcuni ricercatori dell’Istituto di neurofisiologia del Cnr di Pisa e del Dipartimento di psicologia dell’Università di Firenze, che per la prima volta hanno misurato questa capacità del nostro sistema visivo. Lo studio, pubblicato su Nature, porta avanti le ricerche svolte negli anni Settanta dal fisiologo Gunnar Johansson. Lo studioso si era a sua volta ispirato all’opera del collega francese Etienne-Jules Marey, inventore nel 1882 del ‘fucile fotografico’, la prima apparecchiatura per la riproduzione scientifica del movimento animale, e dunque, per questo, anche pioniere del cinematografo. Johansson collocò delle piccolissime luci in alcuni punti chiave del corpo ( le articolazioni, le mani, i piedi) e riprese il soggetto così ‘addobbato’ che si muoveva immerso nel buio. Mostrando poi la sequenza a dei volontari, scoprì che 11 punti di riferimento sono sufficienti a un osservatore per capire, per esempio, se ha di fronte un uomo che corre o una ballerina che piroetta. Al contrario, se i punti luminosi restano fermi essi rimangono anche ‘muti’, cioè l’osservatore non è in grado di distinguere nulla.

Negli anni Settanta Johansson poteva contare solo su una cinepresa e poco più. Ma ora con i computer i suoi esperimenti possono essere ripetuti controllando e manipolando molti parametri in più. Per esempio il moto del soggetto può essere accelerato o rallentato con molta più facilità o vi si possono aggiungere puntini luminosi “di disturbo”. Così lo studio pubblicato su Nature ha fornito per la prima volta una misura quantitativa questo fenomeno. E ha confermato l’eccezionale abilità del cervello umano nel rilevare il moto biologico.

Ma il risultato più interessante è emerso dall’analisi dettagliata del processo: man mano che si aggiungono stimoli la percezione del movimento viene facilitata, e ciò avviene anche se agli stimoli sono affiancati degli elementi di disturbo come per esempio punti luminosi posizionati a caso e non collegati al corpo del soggetto. Invece quando si tratta di riconoscere un movimento non biologico, per esempio la semplice traslazione di un quadrato, la capacità di percezione del moto raggiunge presto una soglia di saturazione. Superato un certo numero di stimoli, la capacità di distinguere il movimento si ferma. “Tutto questo”, spiega Concetta Morrone, psicofisica del Cnr, “fa pensare che il rilevamento del moto organico, a differenza di quello del semplice oggetto, sia un meccanismo adattativo che risponde a una rete neuronale configurata sulla base della quantità e della qualità delle informazioni via via disponibili”.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here