Come si trasmette il virus dell’ebola

Con il primo caso confermato negli Stati Uniti, e le ultime previsioni dell’Oms che parlano di oltre 20mila malati entro novembreebola ormai fa paura anche fuori dal continente africano. La verità però è che si tratta di una tragedia legata a doppio filo con la povertà, e destinata per ora a colpire solamente le nazioni più arretrate del mondo. A meno di mutazioni improvvise, che modifichino radicalmente le modalità ditrasmissione del virus, gli esperti assicurano che i nostri sistemi sanitari sarebbero perfettamente in grado di isolare eventuali pazienti, e di evitare così lo scoppio di un’epidemia. Ebola infatti non si trasmette per via aerea, ma attraverso il contatto direttocon i fluidi corporei di una persona infetta, e solo quando il paziente presenta già i sintomi della malattia. Fluidi corporei dunque, ma quali esattamente? Il contatto deve essere diretto, o può essere mediato anche da oggetti toccati in precedenza da un malato? Come spiega un articolo apparso di recente su Science, si tratta di due aspetti della trasmissione di Ebola che non sono ancora stati chiariti definitivamente.

Bisogna ricordare infatti che quella scoppiata quest’anno nell’Africa Occidentale è la più grande epidemia di ebola della storia. In precedenza, i focolai erano sempre stati limitati a piccoli villaggi rurali, dove la malattia aveva sempre fatto il suo corso senza mai superare le 500 vittime. Piccoli numeri da un punto di vista epidemiologico, che hanno reso difficile studiare a fondo alcune caratteristiche della malattia.

Che il virus si trasmetta per contatto, e non per via aerea, è però stato accertato. Uno studio del 1999 sembrerebbe indicare che ilsudore in particolare giochi un ruolo importante, perché nei malati conterrebbe una carica virale estremamente elevata, che aumenta inoltre con il procedere della malattia, arrivando al rischio massimo di contagio in caso di pazienti negli stadi più avanzati dell’infezione e di cadaveri. Questa sarebbe inoltre una delle caratteristiche che facilitano lo scoppio delle epidemie nei paesi africani, dove i riti funebri prevedono il contatto con lasalma del defunto, pasti comuni e riti in cui i partecipanti si lavano le mani in gruppo, tutti comportamenti che aumentano la probabilità di entrare in contatto con il sudore di un malato.

L’unico studio che ha cercato di di identificare nello specifico tutti i fluidi corporei che risultano contagiosi per ebola è stato pubblicato invece nel 2007 sul Journal of Infectious Diseases, e ha esaminato campioni biologici risalenti all’epidemia scoppiata in Uganda nel 2000, e tamponi prelevati da oggetti presenti nei reparti di isolamento dove venivano ospitati i pazienti. I risultati indicano che i fluidi più pericolosi sarebbero la saliva, risultata positiva per il virus nel 67% dei campioni esaminati, il latte materno (100% dei campioni), sangue proveniente dal naso (100%),lacrime (100%), sperma (50%) e feci (50%). La pelle è risultata contenere il virus solamente nel 13% dei casi, mentre urine,vomitoespettorato (catarro) e il sudore (a differenza da quanto riportato nello studio precedente), non sono risultati contenere una carica virale rilevabile. Per quanto riguarda i tamponi prelevati da oggetti, sono risultati tutti negativi a parte un paio diguanti insanguinati utilizzati da un medico durante una visita, e delle cannule per le trasfusioni usate.

Le probabilità di contrarre la malattia accidentalmente (con una stretta di mano o toccando oggetti manipolati da un malato) sembrano quindi molto contenute. Va però sottolineato come il numero di campioni esaminati nello studio fosse molto piccolo (nel caso del sudore addirittura un unico campione) e di conseguenza i risultati andrebbero approfonditi ulteriormente per essere considerati attendibili.

Via: Wired.it

Credits immagine: UNICEF Guinea/Flickr CC

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