La cometa che spazzò via i dinosauri

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(Foto: Gerd Altmann da Pixabay)

Amati dai bambini per le grandi dimensioni e i nomi suggestivi delle diverse specie, i dinosauri continuano a tenere impegnati gli scienziati di tutto il mondo, che si interrogano sulla loro origine, sulle loro caratteristiche biologiche ed evoluzione, e soprattutto sul motivo della loro scomparsa. Circa 66 milioni di anni fa, l’estinzione di massa del Cretaceo-Paleocene provocò la morte di quasi il 75% delle specie viventi, tra cui i dinosauri. Recentemente, una ricerca ha escluso il ruolo diretto delle eruzioni vulcaniche dalle possibili cause: il responsabile, piuttosto, sembrerebbe essere stato l’impatto di un corpo celeste, Chicxulub, che prende il nome dalla località nella penisola dello Yucatan dove si trova il cratere. Finora, la maggior parte degli scienziati riteneva che si trattasse di un asteroide ma da oggi potrebbe non essere più così. Potrebbe piuttosto essere stata una cometa, o meglio una frazione di una cometa di lungo periodo. Cosa significa? A raccontarlo sono Amir Siraj e Abraham Loeb della Harvard University, che in uno studio pubblicato su Scientific Reports presentano la loro nuova teoria sulla natura e la provenienza dell’impattatore Chicxulub.

La “strada” delle comete

La maggior parte delle comete orbita nella nube di Oort, una sorta di sfera ghiacciata di detriti ai margini del Sistema Solare. A causa di perturbazioni provocate da altre stelle, le comete a volte si allontanano e iniziano un viaggio verso il Sistema Solare, descrivendo delle orbite ellittiche attorno al Sole (vicino al quale assumono la caratteristica coda). Le comete di lungo periodo sono quelle che impiegano più tempo a compiere questo tragitto (dell’ordine anche di migliaia di anni).

Il team di Harvard ha avanzato l’ipotesi che a produrre l’impatto catastrofico con la Terra sia stata proprio una di queste. Per ricostruirne il percorso, gli studiosi hanno simulato le interazioni gravitazionali tra le comete di lungo periodo e il sistema composto da Giove, la Terra e il Sole. Percorrendo la sua orbita, infatti, un’ipotetica cometa sarebbe stata letteralmente spinta dal campo gravitazionale di Giove verso il Sole. E poi?

“Il Sistema Solare” sostiene Siraj “agisce come una specie di flipper: Giove, il pianeta più massiccio, spinge le comete di lungo periodo in arrivo in orbite che le portano molto vicine al Sole”, motivo per cui sono chiamate pascolatrici del Sole. Questa vicinanza fa sì che la parte più vicina al Sole subisca una maggiore attrazione rispetto a quella più lontana, provocando una forza di marea, che da ultimo ne determina la rottura in molti pezzi attraverso un fenomeno noto come interruzione di marea. “Nel viaggio di ritorno verso la nube di Oort – continua Siraj – c’è maggiore probabilità che uno di questi frammenti colpisca la Terra”. Una probabilità – si parla di un evento che può verificarsi una volta ogni 250-730 milioni di anni rispetto ai 3-11 miliardi delle comete di lungo periodo – compatibile con l’impatto che avrebbe poi spazzato via i dinosauri.

A caccia di indizi nei crateri, terrestri e lunari

Inoltre, lo studio spiegherebbe anche gli indizi secondo cui l’impattatore era composto da condrite carbonacea, materiale comune nelle comete di lungo periodo ma non negli asteroidi (o meglio pochi ne hanno). Per verificare ulteriormente la composizione degli impattatori, e dunque confermare la loro ipotesi sulle comete, per i ricercatori saranno fondamentali ulteriori analisi in altri crateri, sia terrestri sia quelli presenti sulla superficie lunare. Inoltre, il nuovo Osservatorio di Vera Rubin, in Cile, potrebbe permetterci di osservare direttamente il fenomeno dell’interruzione delle maree nelle comete di lungo periodo e di avere a disposizione dati e prove ulteriori. Il vantaggio sarà duplice: risolvere definitivamente il mistero attorno alla scomparsa dei dinosauri e valutare una possibile futura minaccia per il pianeta.

Riferimenti: Scientific Reports

Credits immagine di copertina: Gerd Altmann da Pixabay