Ambiente

Composti Pfas: ecco come danneggiano la fertilità

La fertilità maschile è sotto i riflettori degli scienziati. Oggi, uno studio guidato dall’Università di Padova mostra che i composti Pfas, o sostanze perfluoroalchiliche, possono avere un impatto negativo sulla salute riproduttiva degli uomini. Questi composti, utilizzati nella produzione industriale, sono al centro della contaminazione di acque sotterranee, superficiali e potabili scoperta nel 2013 dal Cnr in alcuni territori del Veneto. I risultati dello studio di oggi hanno investigato l’effetto di queste sostanze su un gruppo di volontari residenti nell’area e sono pubblicati su The Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism.

I composti Pfas e gli ormoni

I Pfas sono molto resistenti ai grassi e all’acqua, motivo per cui sono utilizzati come rivestimenti per tessuti, tappetini, contenitori per alimenti ed altri oggetti di uso comune. Ma per questo stesso motivo sono anche molto persistenti nell’ambiente. Da tempo sono sotto la lente degli scienziati che cercano di valutarne gli effetti sulla salute degli organismi viventi dell’esposizione a queste sostanze. Oggi sappiamo che i composti Pfas possono alterare l’equilibrio ormonale, che è fondamentale per la crescita e lo sviluppo del feto e del bambino: le persone che sono state più esposte prima della nascita hanno un maggior rischio di patologie riproduttive, fra cui problemi di fertilità, abortività ed endometriosi.

Lo studio

Finora questi composti sono stati studiati negli animali, in cui hanno mostrato tossicità sui testicoli, con ridotta fertilità. Per approfondire i rischi nell’essere umano, i ricercatori hanno analizzato gli effetti su circa 200 volontari, dai 18 ai 20 anni, provenienti dal Veneto ed esposti ai Pfas, comparandoli con i dati di un gruppo di controllo, composto da quasi 200 volontari non esposti a queste sostanze. L’indagine svolta dal Cnr nel 2013 su richiesta del Ministero dell’Ambiente ha rilevato la presenza di Pfas  nellle falde acquifere di alcuni territori nelle province di Vicenza, Padova e Verona.

Dal testosterone alle dimensioni degli organi genitali

Mediante gli studi su modelli sperimentali, i ricercatori hanno mostrato in che modo i composti Pfas interferiscono con gli ormoni, in particolare con il testosterone, prodotto principalmente nei testicoli: questi composti si legano al recettore per il testosterone, riducendone l’attività di oltre il 40%.

I ricercatori hanno analizzato anche i dati antropometrici, misurando alcune parti degli organi genitali. “Confrontando i risultati con quelli ottenuti in un analogo gruppo di controllo di giovani non entrati in contatto con questo tipo di inquinamento – spiega Carlo Foresta, coordinatore dell’unità operativa complessa di Andrologia e Medicina della Riproduzione dell’Azienda Ospedale dell’Università di Padova – è emerso che nei soggetti esposti a Pfas la distanza ano-genitale, determinata dalla stimolazione del testosterone in fase fetale, era significativamente inferiore che nei soggetti del gruppo di controllo”.

Questi risultati, prosegue l’esperto, suggeriscono un’interferenza in fase embrionale sullo sviluppo del sistema riproduttivo, nella quale i  composti Pfas, così come altri interferenti endocrini non considerati in questo studio, possono essere coinvolti. Nei soggetti esposti, risultano ridotti anche il volume testicolare, così come la lunghezza dell’asta del pene.

Fertilità a rischio?

Gli autori, inoltre, hanno svolto anche test sul sangue e sul liquido seminale dei volontari, il tutto in combinazione con studi biochimici su modelli sperimentali in vitro e animali. “In questo caso – aggiunge Foresta – abbiamo osservato una riduzione del potenziale di fertilità nei soggetti esposti ai Pfas, sebbene entro i limiti di normalità, che potrebbe rappresentare un fattore di rischio per l’infertilità”. Ciò che i ricercatori hanno rilevato è una diminuzione della motilità spermatica nei soggetti esposti, collegata anche all‘infertilità maschile, i cui meccanismi sono ancora da chiarire e possono essere collegati anche all’esposizione ad altri interferenti endocrini.

Viola Rita

Giornalista scientifica. Dopo la maturità classica e la laurea in Fisica, dal 2012 si occupa con grande interesse e a tempo pieno di divulgazione e comunicazione scientifica. A Galileo dal 2017, collabora con La Repubblica.it e Mente&Cervello. Nel 2012 ha vinto il premio giornalistico “Riccardo Tomassetti”.

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