Salute

Mycobacterium chimaera, il batterio killer che ha colpito in Nord Italia

Mycobacterium chimaera. Fino a qualche giorno fa era sconosciuto ai più, poi è balzato alle cronache come batterio “Chimera” o  “batterio killer” responsabile di una emergenza sanitaria che ha fatto registrare sei morti in Veneto e due segnalati oggi in Emilia Romagna. Ma sono state segnalate altre infezioni, destinate probabilmente a crescere nei prossimi giorni.

Mycobacterium chimaera: quanto è pericoloso

Il Mycobacterium  chimerae è un batterio comune –  del tipo non tubercolare o atipico – che può dare malattia polmonare. Può facilmente trovarsi nel terreno e nell’acqua, compresa quella dei rubinetti, ma non è di per sé pericoloso. “Non ci si può ammalare bevendo l’acqua o attraverso il contagio da altre persone”, spiega Marco Confalonieri, direttore della struttura complessa di pneumologia dell’Ospedale Universitario di Trieste.

Il problema – sottolinea l’esperto – nasce nel caso di infezioni ospedaliere, che sono da tempo emerse come le complicanze più frequenti e gravi dell’assistenza sanitaria. “Il batterio si può trasmettere attraverso dispositivi medicali inquinati – continua Confalonieri – e se contratto da pazienti fragili, sottoposti a interventi molto invasivi come quelli cardiochirurgici, può essere micidiale”. Ed è stato proprio questo il caso dell’anestesista vicentino.

“Il micobatterio agisce con molta lentezza, e i primi segnali della malattia si possono manifestare mesi o anche anni dopo la contaminazione”, va avanti Confalonieri, “I sintomi insorgono gradualmente, con febbre, tosse che diventa cronica e peggiora, stanchezza, sudorazione notturna e dimagramento: tutti segnali che si fanno più consistenti col tempo”. Per essere diagnosticata la presenza di M. chimaera serve un test molecolare specifico, e, trattandosi di un’infezione molto rara, identificarla in tempo non è facile.

La denuncia

In Veneto, a portare alla luce la vicenda è stato Paolo Demo, anestesista vicentino scomparso il 2 novembre scorso.  Demo aveva contratto l’infezione con un intervento al cuore subito nel 2016, e in seguito aveva tenuto un diario raccontando il decorso della malattia. Un documento che, a pochi giorni dalla morte del medico, ha spinto la famiglia a sporgere denuncia alla magistratura, e ha dato vita a un’ispezione della Regione Veneto per accertare le dimensioni del fenomeno.

Dopo la denuncia dei famigliari di Paolo Demo, l’indagine avviata dalla Regione Veneto ha rilevato 18 casi di pazienti contaminati dal micobatterio, tutti sottoposti in passato a operazioni al cuore in diversi ospedali della regione, sei dei quali sono deceduti proprio in seguito all’infezione. Altri due decessi simili sono stati confermati in Emilia Romagna, dove stanno per partire le indagini su un centinaio di cartelle cliniche.

La prima volta negli ospedali italiani

E’ la prima volta che la contaminazione da M. chimaera tramite i macchinari usati in cardiochirurgia colpisce in Italia. Che prima del decesso dell’anestesista di Vicenza, informa oggi il Ministero della Salute, sembrava esclusa dall’emergenza. Già nel 2014, infatti, diversi casi di queste infezioni si erano verificate in Svizzera, Germania, Olanda e Regno Unito, anch’esse collegate all’uso in sala operatoria di macchinari di produzione tedesca. E anche negli Stati Uniti sono stati riportati casi di pazienti infettati da M. chimerae , 11, sempre in seguito a operazioni con le stesse macchine.

In attesa della conclusione delle indagini è impossibile stabilire se si tratti di un problema nato nelle fabbriche della ditta che produce gli apparecchi, o sia invece legato alla mancata manutenzione dei dispositivi da parte degli operatori sanitari coinvolti. L’azienda tedesca che produce gli apparecchi, a conoscenza del problema, aveva avvertito i propri clienti dei rischi. Per questo a maggio la Regione Veneto aveva diffuso delle linee guida sulla disinfestazione delle macchine. Tuttavia le contaminazioni possono essere avvenute molto prima, visto il lungo decorso dell’infezione da M. chimaere.  Proprio per questo, gli esperti sottolineano l’importanza della prevenzione.“L’attenzione deve essere sempre  di massimo livello, il controllo dell’acqua dell’ospedale e dei macchinari deve essere fatto in modo costante e preciso”, mette in guardia Confalonieri.

Alice Matone

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