L’insonnia cronica, il disturbo del sonno più diffuso nella popolazione generale, è associata a un maggior rischio di sviluppare diverse condizioni patologiche, tra cui l’ipertensione arteriosa. Un team di ricercatori coordinato dalla Sichuan University, in Cina, ha riscontrato infatti come il rischio di pressione alta sia correlato con la durata della latenza del sonno, ovvero il periodo di tempo necessario a prendere sonno. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Hypertension.
I ricercatori cinesi hanno misurato la latenza del sonno attraverso il Multiple Sleep Latency Test di 219 insonni cronici e 96 persone con sonno normale. Nei pazienti insonni che hanno impiegato più di 14 minuti ad addormentarsi, gli scienziati hanno riscontrato un rischio di ipertensione maggiore del 300% rispetto a chi non ha problemi ad addormentarsi. Se la latenza del sonno superava i 17 minuti, il rischio aumentava del 400%. Una latenza del sonno eccessivamente prolungata è un indicatore di “ipervigilanza fisiologica”, e secondo gli autori dello studio sarebbe l’ipervigilanza diurna il meccanismo alla base del disturbo del sonno.
“Nonostante gli insonni lamentino fatica e stanchezza durante il giorno, il loro problema in realtà è che non riescono a rilassarsi e sono iperattivi”, sostiene Alexandros Vgontzas, co-autore della ricerca. “Pisolino, caffè o altri stimolati utilizzati per combattere la stanchezza sembrano funzionare per le persone sane deprivate del sonno, ma non per gli insonni”, conclude il ricercatore. L’insonnia quindi non sarebbe tanto un disturbo del sonno notturno, ma uno stato di 24 ore di ipereccitazione.
Riferimenti: Hypertension DOI: 10.1161/HYPERTENSIONAHA.114.04604
Credits immagine: eye-see/Flickr CC
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